In Italia ogni 100 vie e piazze dedicate a uomini poco più di sette sono intitolate a protagoniste femminili, di cui il 50-60% è rappresentato da “madonne, sante e martiri”. È un gap di genere impietoso e “impensabile” da colmare, una lotta per la parità odonomastica che se non può aspirare a un riequilibrio sostanziale dei generi, può puntare però al raggiungimento della “consapevolezza del gap”. La pensa così Maria Pia Ercolini, insegnante di Geografia in pensione e presidente dell’associazione Toponomastica femminile (Tf), che dal primo censimento toponomastico condotto da un gruppo di ricerca nato nel 2012 su Facebook (poi costituito in associazione dal 2014), porta avanti iniziative rivolte alle scuole e ai Comuni per sensibilizzare sui temi della parità e ridurre il divario di genere che grava sulle targhe delle nostre città.

«CREARE MODELLI» – Il potere più grande della toponomastica, per Ercolini, è infatti «creare modelli, rimandare a immaginari», oltre a rappresentare «una volontà, perché attraverso le scelte fatte dalle amministrazioni si vede quale memoria vogliono conservare, a quale vogliono dare valore. Bisogna formare gli insegnanti, entrare nelle scuole. Fin dal primo anno noi abbiamo istituito il concorso nazionale “Sulle vie della parità”, che mira a far prendere coscienza del problema le scuole e a sollecitare le amministrazioni attraverso ragazze e ragazzi, bambine e bambini, che, chiedendo a un Comune di intitolare una strada, entrano in un rapporto di cittadinanza attiva».
Il tema, chiarisce Ercolini, è «quello della visibilità delle donne nello spazio pubblico», che si allarga al « discorso del linguaggio. Ci nascondiamo spesso, soprattutto su professioni prestigiose, dietro abiti maschili. Ma se esiste ‘cameriera’, per la stessa ragione deve esistere ‘ingegnera’». Quanto alla toponomastica, sottolinea Ercolini: «Noi riteniamo che la memoria sulle strade debba essere quella delle donne che hanno agito non di quelle che hanno subito perché continuiamo a riproporre un’immagine di donne vittime, martiri, e non è questo l’obiettivo che abbiamo in testa».

A NAPOLI SEGNALI POSITIVI – Ogni anno Toponomastica femminile, per monitorare la situazione, chiede ai Comuni un aggiornamento dello stradario, «ma la risposta è molto bassa», avverte Ercolini. A grandi linee, però, la percentuale di strade e piazze al femminile «è salita». A Roma, dove l’associazione è a rotazione nella Commissione Toponomastica, «su oltre 16mila strade siamo passati dal 7,7% del 2012 all’8,6% di oggi, che sembra poco, ma in realtà su un numero così elevato di vie è una crescita significativa». A Napoli «è stato fatto un lavoro molto interessante perché il sindaco nella premessa del regolamento per le intitolazioni rivolto alla Commissione Toponomastica, ha espresso la volontà che ogni incontro per le delibere si concluda con almeno una delibera femminile in più rispetto a quelle maschili, per ridurre il gap. Anche Palermo si è mostrata molto sensibile. Non è una battaglia che le donne devono fare contro gli uomini, è una battaglia di democrazia che dobbiamo fare insieme», conclude Ercolini.