La disabilità è spesso sinonimo di solitudine. Quella anzitutto delle famiglie su cui ricade quasi sempre il lavoro di cura, e quella di chi vive sulla propria pelle tale condizione, quasi sempre costretto alla reclusione per la mancanza di luoghi di aggregazione sociale.
La storia di Elena è invece una storia di emersione dal buio della solitudine. È la storia di mamma Pina e papà Mario che vivono in centro storico e un giorno hanno sentito parlare di un posto in via Petrarca, da cui si vede il mare, dove ragazzi come la loro Elena, oggi trentottenne, possono stare insieme, fare amicizia, svolgere attività che li aiutano a potenziare le loro risorse. Quel luogo, scoprono, è Casa Glo, un bene confiscato alla camorra di circa 205 mq coperti più 836 mq scoperti, dotato di piscina, sauna, garages e con annesso un terreno agricolo, affidato dieci anni fa alla Cooperativa Sociale “L’Orsa Maggiore”.
Non ci pensano troppo e si presentano al cancello della grande villa per capire se Elena, affetta da emiparesi sinistra e ritardo cognitivo di grado lieve medio a seguito di un’asfissia neonatale, possa essere accolta nel Centro Sociale Polivalente e finalmente uscire dal buco nero dell’isolamento a cui sono costretti tutti i disabili una volta diventanti maggiorenni.
Elena ha frequentato la scuola, ma concluso il percorso formativo i suoi unici spazi relazionali sono stati l’attività sportiva e gli affetti familiari. E di questo ne soffre perché vorrebbe uscire, avere delle amiche, andare al cinema, per esempio.
Quando Pina e Mario sono entrati in Casa Glo per un incontro conoscitivo non hanno creduto ai loro occhi: ragazzi come la loro Elena che, nell’arco di una giornata, svolgono tante attività, centrate sulle aree cognitive dell’espressività e della manualità, dal grande cerchio di benvenuto, alla merenda e al pranzo condiviso, ai laboratori di cucina, giardinaggio, d’arte fino alla cura dei propri spazi, quelli del Centro, che tutti riconoscono un luogo familiare.
Sbrigate le formalità, Elena ha fatto ingresso al Centro e oggi sono circa sei anni che lo frequenta senza saltare quasi mai un giorno. In questo tempo è sbocciata: ha acquisito grande consapevolezza di sé e incrementato  le risorse legate alla sfera dell’autonomia; dalla solitudine è passata ad una vita sociale molto viva fatta di amicizie, amori e relazioni significative. Pina e Mario la vedono sorridere, e toccano con mano i progressi che compie nel campo delle sue autonomie e nella vita sociale.
«Non è facile tenere in piedi Casa Glo – afferma Angelica Viola, presidente della Cooperativa l’Orsa Maggiore – perché dopo i finanziamenti ricevuti per lo start up delle attività, abbiamo vissuto momenti duri considerando che la gestione di una villa così grande implica molte spese e non riceviamo finanziamenti pubblici».
«Ma il sorriso dei nostri ragazzi – continua-  ed i loro piccoli, importanti, passi in avanti sono la nostra grande leva per superare le difficoltà».
Ed i ragazzi di Casa Glo sarebbero sicuramente ancora più sorridenti se potessero occuparsi anche dei mille metri di terreno che da anni sono stati affidati alla cooperativa ma di cui non possono godere perché il Comune di Napoli, proprietario del bene confiscato, non risolve i “cavilli” burocratici che li affliggono. Cavilli che per i cinquanta ospiti del Centro sono invece occasioni perse di pura vita.

di Ornella Esposito