La storia della Cleprin è una storia forte.

Una di quelle che ti fanno domandare perché Antonio Picascia e Franco Beneduce non abbiano ancora mollato tutto e siano andati a vivere altrove. Ma, proprio perché non lo hanno fatto, e non intendono farlo, la Cleprin è una di quelle storie che infondono coraggio e mostrano come ogni giorno sia possibile re-esistere nonostante le avversità e i pericoli.
La Storia
Antonio e Franco sono due imprenditori che vivono nel casertano dove nel lontano 1991, molto giovani, hanno messo in piedi un’azienda di produzione di detersivi ad uso professionale che oggi conta ben 35 dipendenti. Due ragazzi che in un’area depressa del Sud invece di piangersi addosso hanno investito sul proprio territorio, all’epoca Sessa Aurunca, creando occupazione e sviluppo, quello rispettoso dell’ambiente e delle persone come testimonia il loro certificato etico. Ma nel 2007 la camorra, il clan dei “muzzoni” legato ai casalesi, bussa alla porta chiedendo “aiuto per gli amici bisognosi” e l’assunzione del fratello del boss latitante Gaetano Di Lorenzo. Antonio e Franco non ci pensano due volte e denunciano i tentativi di estorsione per i quali vengono arrestate quattro persone. Da qui inizia il calvario. La camorra sferra altri attacchi intimidatori: per un anno intero sversano percolato dinanzi ai cancelli dell’azienda (altri due arresti in seguito alla segnalazione), fioccano denunce anonime per smaltimento illecito dei rifiuti e altre ancora per abusi edilizi di vario genere. La malavita organizzata non usa le pistole, ma prova a rendere impossibile la vita dei due imprenditori. Solo che loro non arretrano di un passo.
L’incendio
La Cleprin continua a produrre i suoi detergenti rispettosi dell’ambiente e a investire in ricerca e apparecchiature sofisticate. Ma nella notte del 24 luglio 2015 un misterioso incendio distrugge i due terzi dell’azienda. Due milioni di euro di danni. I titolari dell’impresa non hanno dubbi sulla natura dolosa del rogo. Tanta la solidarietà delle persone comuni e delle associazioni anticamorra con alcune delle quali, come il Consorzio NCO, la Cleprin da tempo ha iniziato un cammino comune improntato all’economia etica e sociale. Si aprono le indagini che seguono un percorso a dir poco picaresco tra depistaggi, calunnie di ogni genere contro i due imprenditori, archiviazioni e riaperture di fascicoli. Antonio e Franco sono messi sotto scorta, alla quale dopo pochi mesi rinunceranno per vivere liberi.
La riapertura
Nel frattempo la Cleprin risorge dalle sue ceneri e, senza alcun fondo dell’antiracket né mandando a casa gli operai, nel 2017 riapre i battenti a Carinola in un’area di 21mila metri quadrati, acquistata all’asta giudiziaria tramite il Tribunale di S. Maria Capua Vetere. La sua produzione è all’avanguardia, gestita secondo una filosofia industriale 4.0 e orientata all’economia circolare. Un’impresa solida, che ottiene buoni risultati e tende a crescere sempre di più.
«Quest’anno – racconta Antonio Picascia – ci siamo fusi con un’azienda di Desenzano del Garda che produce stracci e spugne in microfibre». E non è l’unica novità. A Novembre 2018 la Cleprin, insieme alle imprese sociali aderenti al Nuovo Consorzio Organizzato, ha lanciato il sito www.ncoonline.it, un progetto molto ambizioso che intende aggregare le imprese profit e no profit, non solo campane e italiane, legate da un comune codice etico di economia sociale e vera anticamorra, per far circolare tutto l’anno i prodotti oggi presenti nel pacco alla camorra. Una specie di globalizzazione dell’economia solidale e giusta, che si oppone alla malavita organizzata.
Arrivati a questo punto sembrerebbe che il peggio sia passato. Le avversità – che dice Antonio li hanno aiutati a scoprire cose belle e a rinsaldare il loro senso di comunità – dovrebbero essere solo un brutto ricordo. E invece no. Non appena inaugurato l’impianto Antonio e Franco hanno ricevuto una richiesta di estorsione. Ovviamente si sono rivolti alla Procura (il processo è in corso). Mai possibile, viene da chiedersi, che i clan non sapessero della loro storia? La risposta è sì, lo sapevano.
Il rischio di chiusura
Ma lì dove non è riuscita la camorra, ci pensa la burocrazia e i due imprenditori nel marzo 2018 si vedono recapitare dal Comune di Carinola un’ordinanza di demolizione e chiusura dell’attività per violazioni urbanistiche. «L’area su cui abbiamo rimpianto l’azienda – racconta Antonio Picascia – ci è stata venduta dal Tribunale che ci aveva informato di alcuni abusi risalenti a dieci anni prima, per i quali, subito dopo l’acquisto, abbiamo fatto istanza di condono». Qui la storia di re-esistenza della Cleprin assume contorni kafkiani.
Invece di essere sanati ad Antonio e Franco viene detto di chiudere e andarsene a casa. Da chi? «Dallo stesso Sindaco – sorride l’imprenditore – che nel 1995 guidava l’Amministrazione, sciolta per infiltrazione camorristica, il cui presidente del consiglio fu arrestato mentre alcuni componenti dell’ufficio tecnico denunciati». Oggi la Cleprin è aperta grazie alla sospensiva del TAR al quale si sono appellati i due imprenditori in attesa di risolvere i “cavilli” burocratici. I punti interrogati su tutta questa vicenda sono molti e oscuri. E la tenacia dei due imprenditori forte come uno tzunami.
Antonio sa che la strada davanti a sé è impervia, ma se ripensa a quella percorsa finora si dice contento perché non è la stessa persona di dieci anni fa. Dal letame che è la camorra, sono nati dei bei fiori, tante opportunità, e qualcosa sta cambiando se Confindustria Caserta gli offre la delega dell’area legalità.
Quando gli si chiede che cos’è per lui la re-esistenza, Antonio semplicemente risponde: «è l’esistenza, non si può esistere senza re-esistere». È tutto qui il senso della sua vita.

di Ornella Esposito