Raccontare la storia di Benedetta Argentieri, giovane giornalista italiana indipendente, implica dare voce alle vite di altre tre donne. “I am the Revoultion” è l’ultimo documentario che ha realizzato e nasce proprio dall’esigenza di raccontare un’altra storia quella in cui le donne del Medio Oriente scelgono di combattere. «Un documentario fatto dalle donne per le donne » come ha affermato lei stessa. Le tre protagoniste Selay Ghaffar, Rojda Felat e Yanar Mohammed lottano per l’uguaglianza e per la parità di genere nei paesi dove vivono, rispettivamente Afghanistan, Syria e Iraq. Selay Ghaffar è la portavoce dell’unico partito laico afghano ed è ricercata dai talebani. Viaggia nelle più remote regioni del Paese, portando istruzione e libertà. Al giorno d’oggi l’87% delle donne in Afghanistan subisce violenza e l’88% non sa ne’ leggere ne’ scrivere. Yanar Mohammed è la fondatrice di Owfi, organizzazione nazionale per la libertà delle donne irachene, un’organizzazione che ha l’obiettivo di trasformare le donne da vittime a paladine dei diritti. Nel 1992 Yanar decide di scappare con il marito e con il figlio dal regime di Saddam Hussein e di trasferirsi in Canada dove inizia una nuova vita, tranquilla e serena, lontano da Baghdad. Nel 2002, parallelamente all’arrivo delle truppe americane, riceve una chiamata in cui scopre che le donne irachene venivano vendute da trafficanti di esseri umani o spinte alla prostituzione. Nel 2003 decide di tornare a Baghdad con l’intenzione di aiutare le donne, in particolare di aiutarle a scappare dalla violenza domestica e dal diritto d’onore. Ancora oggi negli obitori ci sono centinaia di corpi che portano la firma del delitto d’onore.
Ad oggi Yanar è riuscita a salvare almeno 500 donne. Poi c’è la storia di Rojda Felat, che è a capo delle Forze democratiche siriane e guida circa 60mila soldati, tra uomini e donne, nella guerra contro l’Isis. Una donna molto minuta con dei capelli lunghissimi, estremamente rispettata ed una grandissima stratega militare. I suoi riferimenti sono Bismarck, Napoleone e Saladdin. L’Isis sulla sua taglia ha messo un milione di dollari. Come curda e soprattutto come donna Rojda ha sentito, crescendo, che non aveva nessun diritto ed è per questo che nel 2012 si è unita all YPJ, le unità di protezione delle donne. All’epoca erano in quattro, oggi a sei anni di distanza, sono 24 mila. Le donne che scelgono di andare in guerra fanno una scelta di vita, abbandonano la loro identità e si dedicano completamente alla rivoluzione, alla protezione dei civili e delle altre donne. Il documentario nasce a seguito dei numerosi viaggi di Benedetta Argentieri in Syria, Afghanistan e Iraq. “Nel 2014 ho cominciato a viaggiare” racconta la giovane giornalista “e a coprire la guerra in Iraq e in Siria per diversi media internazionali. In questi viaggi ho avuto l’opportunità di incontrare e parlare con tantissime persone e soprattutto di grattare la superficie e di capire che dietro al ruolo delle donne c’era molto di più, c’era un’altra verità: alcune donne volevano e vogliono essere protagoniste della loro vita, della loro emancipazione. E vogliono un mondo più giusto per loro.” In un’intervista a Vogue ha dichiarato “La gente non si rende conto che andare in guerra è facilissimo. Fino a poco tempo fa, per entrare in Kurdistan non serviva neanche il visto. E se vuoi, puoi evitare il pericolo. La guerra è ordinata. Molto più di una manifestazione. Hai un fronte: da una parte ci sono i tuoi amici, dall’altra i nemici. Ho avuto molta più paura quando sono andata in Val di Susa, sul cantiere della Tav per il “Corriere”.”

di Lea Cicelyn