NAPOLI – Qualche giorno fa la Regione Campania e la Procura Generale di Napoli hanno sottoscritto un accordo operativo in tema di applicazione delle misure di sicurezza. Il
documento prevede di dare attuazione alla legge 81 del 2014, quella che regolamenta il superamento degli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari) ed istituisce le Rems
(residenze per l’applicazione delle misure di sicurezza). Operatività che parte quattro anni dopo la promulgazione della legge. «La chiusura degli Opg è stata una conquista
civile. Si è trattato di un processo nobile, straordinario. Ma costruire è più difficile che demolire, e anche il superamento dei manicomi è avvenuto in tempi più lunghi
rispetto alle attese», dice lo psichiatra e scrittore Corrado De Rosa. Non solo i tempi costituiscono un problema, ma anche come sono state concepite le nuove strutture, come
spiega De Rosa. «Le Rems non sono il sostituto degli Opg nonostante siano intese come tali. Nascono per accogliere pazienti per i quali è stata accertata l’infermità di mente,
in realtà i criteri di ingresso sono ancora scivolosi. Le ordinanze dei giudici sono talvolta troppo rapide e sottostimano la possibilità di cure alternative. Le liste
d’attesa si allungano, con il rischio di tenere fuori chi davvero ha bisogno di andare in struttura, e ci sono troppi ospiti delle Rems per i quali la pericolosità sociale
andrebbe riconsiderata».
Nell’accordo siglato tra l’ente di Santa Lucia e la Procura è specificato che si cercherà fin dall’inizio del procedimento penale, la migliore presa in carico sanitaria dei
soggetti che il Tribunale considera pericolosi socialmente. Saranno direttamente i Pm a chiedere ai referenti del servizio sanitario quali sono le misure attivabili nei
confronti di imputati e condannati. Proprio su questo aspetto urge una riflessione secondo lo psichiatra Corrado De Rosa. Sia nei tempi che nei modi. «Le prese in carico
mirano alla ricerca del consenso alle cure, devono garantire – dichiara De Rosa – la possibilità che tali percorsi avvengano nei diversi luoghi di cura rispetto alle diverse
necessità dei pazienti. Ma i modelli non possono rispondere a un’equazione sbagliata, spesso data per scontato: più terapia uguale più controllo dell’aggressività. In questo
senso, il mandato delle Rems è ancora troppo nebuloso». Nelle nuove residenze cura e custodia si confondono ancora, «una dinamica che fa degli psichiatri una sorta di braccio
armato sanitario di chi si occupa di pubblica sicurezza. Questo mescola piani che non devono sovrapporsi e rende necessaria una formazione di base più solida da parte degli
operatori e delle altre figure che lavorano in questo campo», aggiunge Corrado De Rosa. Un altro problema è rappresentato dal sostegno e dalla risorse ai dipartimenti di
salute mentale e agli altri servizi coinvolti nei percorsi di cura degli autori di reato che, secondo De Rosa è ancora debole.

di Ciro Oliviero

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