NAPOLI – L’arte contemporanea al servizio del tessuto metropolitano. È l’idea alla base della collaborazione tra Fondazione Donnaregina|Museo Madre e Quartiere Intelligente, piattaforma di rigenerazione urbana attiva dal 2013 lungo le scale di Montesanto. Una sinergia che ha portato alla luce MontesantoArte, programma di residenza artistica nell’ambito del bando “Sillumina” targato Siae. Curato da Adriana Rispoli, il progetto ha coinvolto quattro giovani artiste italiane: Elena Mazzi, Valentina Miorandi, Francesca Borrelli e Mariangela Bruno. Un lavoro lungo sei mesi, iniziato nel settembre 2017 e concluso nel marzo scorso con la presentazione delle loro creazioni. Che hanno puntato forte sulla fusione tra linguaggi differenti, sull’unione di video e performance con il design, l’architettura, il gardening e l’autocostruzione.
Un cortocircuito tra discipline da cui sono sbocciate opere immerse – oppure sviluppate – nel contesto urbano di Montesanto, in cui anche la collettività ha fatto la sua parte. Le persone del quartiere, insieme agli studenti di Architettura della Federico II e dell’Accademia di Belle Arti, hanno infatti preso parte alla realizzazione di “The Dot”, l’”insegna luminosa” firmata da Mariangela Bruno, sistemata sul tetto della sede di Quartiere Intelligente. Una sfera tridimensionale in legno di abete che strizza l’occhio alle luminarie.
Francesca Borrelli ha invece ideato e costruito l’opera site-specific “Fern’s Bookcase”, una libreria dove al posto dei volumi negli scaffali appaiono le felci. Una scelta connessa all’analisi del rapporto tra natura e cultura (altro tema della ricerca di MontesantoArte) e che scommette su una pianta icona di resistenza, vista la capacità di rimanere in vita anche in situazioni difficili. Il video “Conkè” firmato dalle Drifters (nome del progetto artistico formato da Valentina Miorandi e Sandrine Nicoletta Chatelain) ha visto anch’esso la partecipazione della gente del luogo. Nelle immagini l’interpretazione della quotidianità degli abitanti di Montesanto: filtrata, riletta e proposta con le moderne tecnologie digitali.
Infine, “Speech Karaoke – a che serve parlà si nisciuno te dà aurienzia?” di Elena Mazzi, che per la sua opera, in scena nel giorno dell’inaugurazione, ha ripreso un format di artisti finlandesi e tedeschi. Una creazione aperta, costruita sul confronto con le persone del posto e cucita su un mix di estratti letterari, storie popolari, pezzi di film e discorsi politici. Un collage che ha mostrato gli elementi condivisi di una comunità, il manifesto di un’identità collettiva.

di Mario Basile 

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