ROMA – Il 2016 e’ stato l’anno in cui nel Mar Mediterraneo si è registrato il più alto numero di morti in mare, oltre 5.000 e il 2017 potrebbe essere peggiore: sono già 962 le persone che hanno perso la vita dall’inizio dell’anno. Per questo motivo secondo Save the Children “è necessario continuare le operazioni di ricerca e salvataggio in mare, fino a quando non verranno introdotto vie alternative e sicure per consentire ai migranti di raggiungere l’Europa”. “La missione di Save the Children è quella di salvare i bambini e non possiamo rimanere a guardare mentre affogano nel tentativo di scappare dalla violenza, dalle persecuzioni e dalla povertà estrema. Per questo motivo dal 2016, con la nave Vos Hestia, abbiamo deciso di partecipare alle missioni di ricerca e salvataggio: salviamo le persone dal rischio di annegare e proteggiamo i bambini che sono i più vulnerabili, quando salgono a bordo della nostra nave”, afferma Valerio Neri, Direttore Generale dell’organizzazione. “Le operazioni della nave di Save the Children avvengono sotto il coordinamento della Guardia Costiera italiana, ed respingiamo con forza ogni accusa della più minima connessione con i trafficanti. La Vos Hestia opera solo in acque internazionali e non e’ mai entrata in acque libiche. Nei giorni scorsi il Procuratore di Catania che sta indagando sulle operazioni delle Ong ha chiaramente specificato che Save the Children non è tra le organizzazioni il cui operato desta sospetti e preoccupazione. – prosegue – La stessa posizione è stata espressa pubblicamente da alcuni membri della Commissione Difesa del Senato che stanno svolgendo un’indagine conoscitiva sullo stesso tema e che nei giorni scorsi, dopo aver avuto modo di ascoltare anche Save the Children, hanno dimostrato apprezzamento per l’attività dell’organizzazione”.
Anche Intersos replica con decisione alle accuse, definendole una “vergognosa speculazione”: “Siamo stanchi di aiutare bambini vittime di tortura, donne violentate e sentire basse e mal costruite invenzioni e strumentalizzazioni politiche – si legge -. Il lavoro delle Ong nel Mediterraneo è salvare vite umane. Chi con navi proprie, chi, come gli operatori Intersos, in collaborazione con Unicef, partecipando alle operazioni di soccorso sulle navi della Guardia Costiera Italiana. Se siamo lì, è per fermare una strage. Se a qualcuno questo lavoro non piace, dica con chiarezza che preferisce un morto annegato ad un essere umano tratto in salvo”.
Per la ong “il Mediterraneo è diventato un cimitero d’acqua dove in poco più di un anno sono morte oltre 5 mila persone: uomini, donne e bambini in fuga da guerre, violenze e povertà estreme, salpati dalle coste di un paese, la Libia, dove violenze e sopraffazioni nei confronti dei migranti sono una costante fuori controllo. – Se siamo nel Mediterraneo è perché nel 2016 il numero di morti in mare ha superato ogni record. Una strage aggravata da politiche basate sulla chiusura e la militarizzazione dei canali di migrazione, a scapito del rispetto di diritti umani e dei fondamentali principi umanitari”.

da Redattore Sociale

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