invito-dossier-Immigrazione-2013-fronteNAPOLI – «Dalle discriminazioni ai diritti»: è questo il sottotitolo del Dossier Statistico 2013 sui dati relativi all’immigrazione in Italia nell’arco dello scorso anno presentato in contemporanea mercoledì 13 novembre nelle principali città italiane e per la prima volta curato dal Centro Studi e Ricerche Idos/Immigrazione in collaborazione con l’Unar. Nell’aula magna della facoltà di Sociologia dell’Università Federico II Francesco Gravetti, giornalista de Il Mattino e Comunicare il Sociale, ha moderato la sessione di presentazione del rapporto. Il Dossier, che ha coinvolto nello studio circa cento tra sociologi delle università italiane.
TEMPO DI SFATARE I VECCHI MITI – Non è vero che l’immigrazione comporta costi eccessivi allo Stato italiano: il lavoro degli immigrati con permesso di soggiorno a lunga scadenza rende all’Italia una ricchezza pari ad 1,5 miliardi annui. «Il problema dell’integrazione sta nella paura dell’altro, di chi è diverso da noi – sostiene Enrica Amaturo, direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali – all’altro si attribuiscono le colpe di quello che ci intimorisce».
A questo atteggiamento xenofobo prova a rispondere il dossier: il numero di immigrati in Italia, come spiega Amaturo, è nettamente al di sotto della soglia massima europea. Un altro dato che permette un’importante riflessione è la presenza di stranieri nelle carceri: il tasso di criminalità tra gli immigrati è equiparabile con quello dei cittadini italiani. Sono questi miti che rendono il tasso di integrazione in Italia ancora non accettabile per via delle errate ideologie strumentalizzate di volta in volta dall’uno o l’altro schieramento politico.
UNA QUESTIONE DI NUMERI – Stando alla stima del Dossier, la presenza straniera regolare nel nostro Paese è pari a 5.200.000 persone: tra questi figurano i nuovi lavoratori, i nati in Italia e i ricongiungimenti familiari. Diritto, quest’ultimo, messo in luce dalla professoressa Adelina Miranda. Rilevante nel 2012 è stato il numero dei bambini stranieri nati in territorio italiano (79.894, il 14,9% di tutte le nascite), a cui si affiancano i 26.714 figli di coppie miste (il 5% del totale). Di qui, la questione di concedere la cittadinanza alle seconde generazioni: «Dai risultati di un sondaggio pubblicato oggi – spiega Amaturo – pare che oltre il 64% degli italiani sia favorevole a concedere la cittadinanza ai bambini nati in Italia perché rappresentano una risorsa». Una risorsa, come spiega anche Anna Cristofaro, presidente Acli Campania, che mette in relazione punti di vista diversi, ma che a sfruttarla e renderla tale è la società civile, piuttosto che la politica.
LA SITUAZIONE IN CAMPANIA – La regione è la settima tra le 20 italiane per numero di immigrati che ospita, circa 170.000.  Il suo indice di integrazione, su una scala da 1 a 100, si aggira attorno a un valore indicativo di  45 punti, che la colloca così al 15° posto. Le notizie non migliorano per inserimento sociale, che si aggira intorno al 35,7% e per quello occupazionale, fermo al 54,4%.
BANDIRE LE DISCRIMINAZIONI – «Per estirpare dalla mentalità della popolazione gli stereotipi sullo straniero – spiega Elrico Detta di Unar –  si rende necessaria un’educazione sin da bambini che bandisca il razzismo e le sue discriminazioni». Le campagne di Unar sono volte ad attività di prevenzione, promozione, comunicazione di iniziative, ma spesso non bastano a contrastare fenomeni di odio razziale che dilagano spesso a macchia d’olio sul web. L’azione armonica tra società civile e governo, secondo Detta, deve essere finalizzata alla messa al bando di tali pratiche. Anche Don Vincenzo Federico, portavoce Caritas, ha sottolineato lo stesso punto, parlando di ripartizione del lavoro: scienziati e mondo ecclesiale e civile possono rispettivamente  fare ricerca occuparsi del lavoro sul campo, ma chi deve rendere attuabile ciò è il governo.

di Claudia Di Perna

 

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