rosarnoNAPOLI – Sono i nuovi schiavi di questo secolo che antepone l’interesse ai diritti umani, lo sfruttamento lavorativo di chi è troppo debole per proteggersi, per rivendicare adeguate tutele: i migranti.
Secondo la Cgil sono almeno quattrocentomila le vittime dei caporali dell’agricoltura italiana, un esercito di invisibili molti dei quali costretti in condizioni di semi-schiavitù, per un danno alle casse dello Stato di almeno 420 milioni di euro l’anno.
Presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II il CIR (consiglio italiano per i rifugiati), con la conferenza “Rosarno… e poi?” propone un articolato progetto volto a sostenere l’uscita da situazioni di sfruttamento lavorativo e a favorire l’integrazione dei migranti. Il progetto, finanziato dalla Fondazione con il Sud, è gestito dal CIR in partenariato con il Comitato per il Centro Sociale Ex Canapificio, la Comunità Rut – Suore Orsoline e la Caritas diocesana a Caserta, l’Associazione Futura – ente gestore dell’Ufficio Immigrazione e Asilo presso la Provincia a Salerno, l’Università degli Studi Federico II di Napoli – Facoltà di Giurisprudenza/ Dipartimento di Diritto Romano, Storia della scienza romanistica “F. De Martino”. Dopo i saluti di Francesco Romeo dell’Università degli studi di Napoli “Federico II” si entra nel vivo della conferenza.
«L’obiettivo – spiega Maria Giovanna Fidone, responsabile di progetto del Consiglio Italiano per i Rifugiati – è quello di favorire l’accesso a misure di tutela e l’avvio di percorsi di integrazione per stranieri vittime di sfruttamento lavorativo, attraverso azioni dirette che vanno dall’informazione sul territorio delle Province di Caserta e Salerno, ad attività di orientamento e assistenza legale, mediazione culturale, accoglienza e predisposizione di specifici percorsi di integrazione socio culturale e sanitaria presso gli sportelli di progetto (a Caserta e a Salerno)». «Occorre avviare – spiega – una seria riflessione sull’applicazione dell’articolo 18 del D. Lgs. N 286/98, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero che ancora oggi è di difficile applicazione, spesso rivolta alla sola tratta delle donne o troppo rigida. Con il D L n 138 del 2011 è stato introdotto il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro». Il progetto di cui è capofila il CIR, varato ad aprile, in partnership con la Facoltà di Giurisprudenza, è della durata di ventiquattro mesi. Il primo obiettivo è l’emersione del lavoro nero, seguito dall’accesso alle misure di protezione delle vittime effettive o potenziali. Per diffondere la conoscenza è attiva una rete informativa per sensibilizzare enti, associazioni, istituzioni presenti sul territorio. Attraverso i mediatori culturali è possibile raggiungere i migranti nelle rotonde, sugli autobus (coinvolta la Sita di Salerno per diffondere volantini con numeri utili sulle linee più frequentate) e negli altri luoghi di incontro. E’ attiva una linea di cellulari ad hoc per contattare un operatore di Caserta e Salerno. A Napoli verranno presentati altri due seminari. Ovviamente la rete coinvolge le forze di polizia, le Procure per le indagini penali, le strutture di volontariato per la presa in carico con un approccio multiagenzia. Le norme esistono e se applicate garantiscono una tutela più ampia ma spesso la non collaborazione tra enti rende più lenti gli interventi. «Come CIR saremo i collettori di questi servizi, valutando di caso in caso l’opportunità di indirizzare i migranti secondo i loro bisogni. Il progetto prevede anche borse lavoro per la reimmissione nei circuiti professionali.
Secondo il professore di Diritto del Lavoro Pasquale Passalacqua, il fenomeno è europeo e riguarda in primis i paesi del Mediterraneo, quelli più esposti al fenomeno migratorio. Purtroppo c’è disomogeneità tra politiche comunitarie. Non c’è ancora un accordo tra tutti i paesi per stabilire regole comuni sui flussi di ingresso e non vi è convergenza tra queste politiche perché ancora oggi i singoli stati membri si oppongono a che ci sia un flusso uguale per tutti. La lamentela dell’Italia è giusta, poiché è attraversata da un flusso imponente e continuo. Dobbiamo però gestire il problema da soli. Nell’Unione europea, sotto la presidenza svedese del 2010, si parlò di questa prospettiva di più stretta collaborazione ma si tratta di una prospettiva solo politica che non ha strumenti giuridici forti. Le soluzioni non sono facili. Occorre un mix tra una prospettiva repressiva che non garantisce grandi risultati, ed una più ampia, culturale, che aiuti anche le imprese all’emersione. Non si può operare con norme uniformi, omologando per esempio le imprese di Vicenza con quelle di Brindisi». Qualche passo è stato compiuto: la ministra Kyenge ha modificato una norma equiparando gli extracomunitari ai comunitari per l’accesso all’impiego pubblico. «Oggi l’integrazione è una necessità; l’afflusso di immigrati regolari fa bene al nostro sistema previdenziale e serve ad assicurare le pensioni ai nostri anziani».
Secondo Stefania Perez, dell’Università degli Studi di Cassino, «il tema migranti è ostico per gli internazionalisti poiché la ricognizione delle fonti non è semplicissima e perché molte volte gli atti non sono vincolanti e gli Stati non sono obbligati a dare seguito alle raccomandazioni che giungono dalla comunità internazionale». Un punto di svolta è quello della Corte di Giustizia dell’Unione europea che sta sempre di più applicando gli strumenti internazionali a tutela e per il riconoscimento dei diritti umani dei migranti. Particolarmente importante la Convenzione del 1990 per i diritti dei migranti lavoratori che purtroppo non è stata ancora ratificata negli stati occidentali. «Ci si augura che l’Unione europea spinga gli stati occidentali a dare seguito alle raccomandazioni per una tutela più vincolante per gli stati d’accoglienza. Nel diritto internazionale il soggetto migrante è una costruzione giuridica di nuova generazione». La Convenzione Onu sui diritti dei rifugiati è la pietra miliare di questo cammino nel quale occorre tenere conto della persona, delle motivazioni che lo spingono a lasciare il proprio Paese.
 
TAVOLA ROTONDA – Alla tavola roronda, moderata dal prof. Luigi Di Santo della “Federico II”, sono intervenuti Gianluca Castaldi per la Caritas di Caserta, Alessandra Napolitano dell’associazione Futura di Salerno, Giovanni Paolo Mosca del Comitato per il Centro Sociale ex Canapificio di Caserta, Luciano Santoianni del Foro di Napoli. Per l’associazione On the Road l’avvocato Michela Manente è intervenuta sulle “Azioni di tutela delle vittime e risarcimento del danno per sfruttamento lavorativo. Azioni intraprese a livello nazionale”. Le conclusioni e i saluti sono affidate a Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati.

di Maresa Galli

 

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