gpROMA- «Il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, sbandierando urbi et orbi un decreto “contro le trivelle” non fa altro che applicare il nefasto Art. 35 della Legge 83/2012 che ha riportato le piattaforme petrolifere sotto le spiagge degli italiani» – così Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia commenta la firma del decreto di riordino delle zone marine aperte alla ricerca e coltivazione di idrocarburi annunciata ieri dal Ministro.
«Non solo- si legge in una nota diffusa da Greenpeace- con questo decreto il Governo amplia le aree coinvolte dalle esplorazioni offshore, avvicinandosi alle Baleari e confermando la famigerata estensione verso e oltre l’Isola di Malta» : un atto che Greenpeace definisce “irresponsabile”, contestato ovviamente dai maltesi che, non ha caso, hanno ricominciato quest’estate a sequestrare i pescherecci siciliani.
Sul tema Greenpeace ha già scritto al ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, che ha risposto confermando per iscritto che l’effettuazione di tre separati procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale (per la prospezione sismica, le trivellazioni esplorative e per quelle commerciali) deriva dalla “configurazione del procedimento principale, autorizzatorio o concessorio, nel quale la procedura di VIA si inserisce.” Quindi, delle due l’una: o il “procedimento principale” al MISE è costituito da tre fasi distinte e separate (e quindi ogni fase deve rispettare la norma vigente al momento) oppure lo spezzettamento della VIA di un procedimento unico costituisce l’ennesima violazione italiana della Direttiva 85/337/CEE sulla valutazione dell’impatto ambientale.
«Greenpeace attende che qualche petroliere si permetta di richiedere una qualunque autorizzazione ad attività in aree non incluse oggi nella “mappa del petrolio” del Ministro Zanonato. Se questo tipo di istanza venisse accolta, chiameremo in tribunale il MISE che ci dovrà spiegare perché la legge non è uguale per tutti» – conclude Giannì.

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