agricolturaFIRENZE – Qualcuno tempo fa diceva che “con la cultura non si mangia”. E con il volontariato? A quanto pare si ma, attenzione, nel senso letterale del termine. Sono sempre più numerosi i progetti di agricoltura sociale che si propongono di conciliare produttività e responsabilità sociale, economia e solidarietà. La Toscana in questo senso è una delle regioni più all’avanguardia, grazie alle attività promosse sia dalle associazioni in modo diretto che in collaborazione con le istituzioni e il mondo dell’imprenditoria.
Ma cosa si intende per “agricoltura sociale”? Si tratta di progetti tesi a trasformare le risorse della terra, gli ambienti rurali o urbani, gli antichi saperi contadini, in occasioni di formazione, socializzazione, riabilitazione socio-terapeutica e inserimento lavorativo per persone con disabilità, giovani a rischio, ex detenuti, tossicodipendenti. Un modo, insomma, per associare tradizioni antiche ai bisogni della società contemporanea. Con un duplice obiettivo di sostenibilità, economica e sociale.
CESVOT – Del valore di queste iniziative si è reso conto il Cesvot, il quale ha promosso, dalla primavera scorsa, un ampio studio sull’agricoltura sociale in Toscana, in collaborazione con l’Università di Pisa. Per il presidente del Centro Servizi Volontariato della Toscana Patrizio Petrucci si è trattato di  «un importante lavoro di monitoraggio  che ha intercettato 40 associazioni di volontariato operanti in agricoltura sociale con attività che spesso vedono la collaborazione di Asl, enti locali, aziende e cooperative».
Si è dato vita, in una seconda fase, a veri e propri focus group, incaricati di elaborare le ‘Linee guida per l’azione delle organizzazioni di volontariato nell’ambito dell’agricoltura sociale’, presentate ufficialmente a Lucca nel corso del Festival del Volontariato. Nella stessa occasione è stata evidenziata la volontà di creare una Rete del volontariato toscano che possa facilitare lo scambio di esperienze e le relazioni tra tutti i soggetti portatori di pratiche di agricoltura sociale.
La conferma più importante, però, non può che venire dall’esperienza diretta. Colpisce così il racconto dell’imprenditrice agricola di Pomarance (Pi) Rosa Buonocore, che grazie ad un progetto finanziato dalla Regione e alla collaborazione con il mondo del volontariato, oggi impiega stabilmente nella sua azienda una persona disabile ed un ex detenuto. “Un’opportunità – spiega l’imprenditrice – che mi ha cambiato la vita. Le imprese che fanno agricoltura sociale conducono una doppia lotta contro l’isolamento sociale: quello che colpisce le persone con disagio ma anche quello che, soprattutto in tempo di crisi, colpisce le imprese agricole”.

di Silvia Aurino

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