ROMA. Dura condanna per l’Italia sui respingimenti verso la Libia. La Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato Roma per aver violato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2009 intercettando e rinviando in Libia un gruppo di cittadini somali ed eritrei senza esaminare le loro necessità di protezione. Il caso è noto come Hirsi Jamaa. «Questa sentenza costituisce un’importante indicazione per gli stati europei circa la regolamentazione delle misure di controllo e intercettazione alla frontiera» ha affermato Laurens Jolles, il Rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) per  il sud Europa «ci auguriamo che rappresenti un punto di svolta per ciò che riguarda le responsabilità degli Stati e la gestione dei flussi migratori. Ci auguriamo che questa sentenza rappresenti un
motivo di riflessione che porti ad un segnale di discontinuità da parte del Governo italiano».
LA STORIA RISALE AL 2009   – Era il 6 maggio 2009 e a 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali, le autorità italiane avevano intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea (tra cui bambini e donne in stato di gravidanza). I migranti erano stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati in Libia contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione. Non è stato verificato se potessero chiedere asilo politico. Un respingimento frutto degli accordi bilaterali e del trattato di amicizia italo-libico siglati da Berlusconi e Gheddafi. Oggi la Corte europea dei diritti umani ha dato quindi ragione ai “respinti”, riscontrando in particolare la violazione dell’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura, e stabilendo  che l’Italia ha violato il divieto alle espulsioni collettive, oltre al diritto effettivo per le vittime di fare ricorso presso i tribunali italiani. L’Italia è stata dunque condannata a versare un risarcimento di 15 mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due ricorsi non sono stati giudicati ammissibili.
SFIDE FUTURE – L’Unhcr comprende le sfide che le migrazioni irregolari pongono all’Italia e agli altri paesi dell’Unione Europea e riconosce i significativi sforzi compiuti dall’Italia e dagli altri stati per salvare vite umane nell’ambito delle loro operazioni di ricerca e soccorso in mare. Le persone soccorse o intercettate in mare sono, molto spesso, anche più vulnerabili degli altri richiedenti asilo, sia dal punto di vista fisico che psicologico, e pertanto non sono sempre in grado di esprimere l’intenzione di voler chiedere protezione immediatamente dopo il loro rintraccio in mare. «Le misure di controllo alla frontiera non esonerano gli stati dai loro obblighi internazionali –  ha sottolineato Jolles – l’accesso al territorio alle persone bisognose di protezione dovrebbe pertanto essere sempre garantito».
www.unhcr.it  (MIGRANTI: l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati)

di Luisa Corso 

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