Sabato 11 gennaio ore 18 al Nuovo Teatro Sanità, Mario Gelardi presenta il suo libro “Imperfezioni”, edito da Editoria & Spettacolo — che raccoglie sei testi dell’autore e regista napoletano da otto anni alla guida del ntS’— con “La festa delle Imperfezioni”. Un evento che vede la partecipazione degli attori Federica Aiello, Vincenzo Antonucci, Riccardo Ciccarelli, Mariano Coletti, Francesco Di Leva, Annalisa Direttore, Carlo Geltrude, Gennaro Maresca, Gioia Miale, Rosario Morra (Ross), Salvatore Nicolella, Ciro Pellegrino, che hanno interpretato le pièce firmate da Gelardi; modera l’incontro il giornalista di Fanpage Andrea Esposito. L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. 

“Imperfezioni” è un percorso nei venti anni di teatro di Mario Gelardi, la cui scrittura, pur non esprimendosi esclusivamente in napoletano, conserva una forma e una sostanza che devono molto alla drammaturgia partenopea, non solo a quella monumentale di Eduardo De Filippo, ma anche a quella più vicina cronologicamente, per esempio, di Manlio Santanelli. Una scrittura che ha come tratto fondamentale la necessità di misurarsi con le urgenze sociali. Non a caso, gli autori di riferimento citati dal drammaturgo sono Cesare Zavattini, per la sostanza poetica, e Francesco Rosi, per il suo modo di fare politica raccontando le persone. Un’idea di teatro quella espressa da Gelardi nei suoi venti anni d’arte, che in qualche modo fa tutt’uno con il suo fare politica, prendendo parte alla vita attiva della comunità, della città e del Paese in cui è nato e vissuto.

Sei testi teatrali, sei imperfezioni: «perché credo — spiega Gelardi — che il teatro, quando resta su un foglio, sia imperfetto; trova la sua completezza solo in scena, solo con la voce degli attori, solo con il soffio della vita. Non ho mai pensato alla mia drammaturgia come a qualcosa di definitivo, completo, ma come a un materiale aperto, una tela su cui è sempre possibile intervenire, magari insieme al regista, spesso da solo, per quella continua ansia che mi accompagna e che non mi fa mettere mai la parola FINE».

di Emanuela Rescigno