Ponticelli è un quartiere situato ad est di Napoli dove a tratti si scorge ancora quella sua familiarità con il lavoro della terra, un tempo fertilissima grazie alle acque dell’antico Sebeto, su cui si ergevano i mulini che a decine popolavano le zone appena fuori la cinta muraria della città. Uno scenario bucolico che oggi si contrappone violentemente a quello industriale dell’Ansaldo o della Whirpool – l’ennesimo colosso industriale che vuole mandare a casa i suoi operai – e a quello urbano composto da un susseguirsi di rioni sgraziati e palazzi anonimi della ricostruzione del dopo terremoto. Un progetto – la ricostruzione – che avrebbe dovuto portato al quartiere luoghi di aggregazione sociale e servizi per cittadini, ma che invece lo ha trasformato in un lager di disperati senza più radici, operai per la camorra .
Ma Ponticelli non è solo bipiani di amianto dove vivono stipate da decenni 400 famiglie, né solo stese in pieno giorno o immondizia abbandonata sotto i cavalcavia. Ponticelli è soprattutto esempio di resilienza, di come una periferia, spesso schiaffeggiata dall’abbandono istituzionale, possa diventare modello di impegno civile. D’altronde il germe della resistenza è insito nella sua stessa storia perché fu il primo quartiere d’Europa a ribellarsi al nazifascismo. L’Arcimovie Napoli, si potrebbe dire, ha fatto tesoro di questa storia opponendo al degrado e alla multiproblematicità un modello re-eistente di presenza sociale e culturale sul territorio, tanto da aver traghettato la periferia al centro della città perché oggi – già da tempo – è un faro a cui molti guardano come esempio.
Tutto nacque quasi trent’anni fa intorno a un piccolo cinema, il Pierrot. Il suo destino, come quello di molti altri cinema di periferia, era la chiusura. Ma alcuni ragazzi si rifiutarono di abbandonare il Pierrot alla sua triste sorte e decisero di scommettere sulla cultura. Non era facile – non è mai facile – in un luogo in cui manca tutto, dove le urgenze sono ben altre rispetto a quelle di scongiurare la chiusura di un cine-teatro, ma da lì, da un cine-teatro malridotto, si doveva cominciare.
Si inizia con le rassegne invernali di cineforum, film di qualità seguiti da dibattiti con ospiti illustri, per poi allargare le proiezioni alle scuole e nel periodo estivo all’interno di parchi pubblici, a quanti vogliono godere di un bel film trovando anche refrigerio dalla calura. La gente partecipa, molti vengono anche dai comuni limitrofi. Le proiezioni dell’Arcimovie sembrano essere un sorso d’acqua in pieno deserto. Ma il cinema non può essere tutto. Ponticelli ha bisogno di prendersi cura dei suoi bambini – molti non vanno a scuola o sono a rischio di dispersione – così nel 2000 Arcimovie inizia l’avventura dell’educativa territoriale: due centri di aggregazione rivolti ai piccoli del quartiere che educatori esperti sostengono nello studio e in attività laboratoriali, strappandoli alla strada o anche solo alle mura domestiche e ai videogiochi.
«Quasi contemporaneamente all’educativa territoriale – spiega Roberto D’Avascio, presidente dell’Associazione – abbiamo realizzato la mediateca creando nel tempo un patrimonio di circa 7.500 film, 250 colonne sonore, 500 riviste e pubblicazioni di settore e oltre 1.000 libri fruibili gratuitamente».
Ma l’associazione non si è fermata a questo. Ha continuato ad intensificare le sue attività collegate al cinema, da un lato portando sullo schermo e collaborando alla produzione di pellicole che affrontano temi sociali forti – il cosiddetto cinema del reale – dall’altro, da un’idea della cooperativa Parallelo 41 e in partnership con la Mostra del Cinema di Venezia, selezionando e lanciando in anteprima a Napoli le opere dell’importante rassegna veneziana. Un appuntamento annuale che ormai tutti attendono con ansia e con un pizzico di emozione perché non succede spesso, forse mai, che le pellicole di un festival così importante arrivino in anteprima in una periferia e da questa si diramino verso il centro della città. Ed è proprio qui che l’Arcimovie esprime il significato più profondo della sua re-esistenza: la settima arte è quasi un “pretesto” per portare avanti idee e consapevolezze su un territorio squarciato da tante brutture, per promuovere le persone e quanto di buono sono in grado di offrire. In questo senso, sempre intorno all’associazione, hanno gravitato nel 2012 una serie di iniziative e servizi volti ad attivare processi di sviluppo locale con l’inclusione di tutti gli attori istituzionali e privati della Municipalità. Perché la crescita di una comunità deve essere globale, altrimenti non è crescita.
Frutto di questo faticoso cammino, che non ha di certo risparmiato difficoltà e scoraggiamenti, sono oggi i mille soci annuali del cineforum, gli incontri con scrittori di pregio o il gruppo di lettura che si riunisce tutti i mesi per parlare di un libro che si è dato il compito di leggere. Mentre le pistole impazzano nelle mani di neomaggiorenni bruciati dal mito dei soldi e del potere, i libri e quell’imbroglio nel lenzuolo, insieme a tutto il resto, sono il focolaio che riscalda le tante forze buone del quartiere. Portano conforto e aprono orizzonti anche al chiuso delle carceri perché Arcimovie da tre anni ha fatto entrare il cinema a Poggioreale, tra quelle persone che non hanno saputo sognare.
E così, trent’anni fa (cadranno il prossimo anno) quei ragazzi che impedirono la chiusura di un cine-teatro di periferia sono ancora lì a presiedere il loro avamposto di sogni e speranze. È passato il tempo, qualche ruga sui volti, qualche capello imbiancato, ma la tenacia, quella, ha re-esistito al tempo.

di Ornella Esposito