Volontariato: la strada verso la salvezza. 

Crescenzo ha 48 anni. Per trent’anni ha fatto uso di eroina e la sua vita è stata segnata per sempre. Anni di sofferenze, di metadone e di comunità lo hanno distrutto nell’animo e nel fisico fino al giorno in cui è giunta la consapevolezza.

«Mi sono reso conto che tutti i miei amici erano morti per droga, così ho deciso di cambiare vita».

E la decisione è stata netta. Oggi Crescenzo serve Dio, la chiesa e i poveri. «È diventato indispensabile per noi – ha raccontato Don Francesco Riccio, parroco della San Pio X di Giugliano – ci dà una grossa mano». Della stessa opinione gli altri volontari: «Come faremmo senza di lui? Prepara le pietanze per i poveri, va al supermercato, tiene pulita la cucina, la chiesa. Sistema dappertutto. Per noi è indispensabile. È diventato un punto di riferimento per i meno abbienti che frequentano la parrocchia. Lo conoscono tutti e lui è sempre disponibile». La scelta di Crescenzo è stata una scelta di vita e per la vita. «Mi dovevo salvare – ha spiegato – qui mi danno una mano. Mi aiutano ad andare avanti e io aiuto loro. Per me è diventata una necessità. Non posso più farne a meno».
La sua storia è ben nota a Giugliano e lui non ne fa nessun mistero: «Ho cominciato a drogarmi a 17 anni. Ho conosciuto l’eroina. Andavo a Scampia, a Secondigliano, a drogarmi con i miei amici. L’ho fatto per tanto tempo». Quando però qualche anno fa è giunta la consapevolezza qualcosa è cambiato: «I miei amici morivano. Così ho deciso di lasciare tutto e tutti e sono andato a Firenze. Ci sono stato per circa sei anni. Poi ho frequentato i Sert e mi davano del metadone, ma non è stato facile. Lì a Firenze ho conosciuto un parroco che mi ha chiesto se volevo tornare a Giugliano. Mi hanno aiutato a trovare un lavoro».
Così dopo anni di isolamento Crescenzo è tornato nel suo paese e grazie ad un impiego ad Aversa oggi riesce a sostenersi da solo. «Mi occupo degli animali, del giardino, dell’orto. Faccio quello che facevo a Firenze quando frequentavo la comunità». Ma a Crescenzo un nuovo lavoro e una nuova vita non bastavano. Ed è stato lì che ha deciso di dare ancora una svolta alla sua vita. Ripulirsi dalla droga è stato il primo passo. Dentro di lui però si sentiva ancora incompleto, così ha deciso di donare se stesso ai poveri. «Sono venuto da Don Francesco che mi ha accolto – e continua – Non si può capire quello che ho vissuto in questi anni. Solo se lo provi lo puoi sapere. Mi davano tutti per morto. Dicevano che ero un morto che camminava. E invece non è così. Ce l’ho fatta e mi sono salvato. Il volontariato ora è la mia vita – e poi spiega – Oggi vado ancora al Sert per le sedute di gruppo. Ne ho bisogno ancora e mi è necessario».
Crescenzo non dimenticherà mai quello che è stato ed è profondamente pentito: «Se non avessi fatto quello che ho fatto adesso avrei un palazzo. Ho speso tutto quello che avevo. Oggi non ho nulla. Nulla. Ho solo la mia chiesa e le persone da aiutare». Per i giovani il messaggio è chiaro: «Non ne vale la pena, la droga allontana tutti. Resti solo. Escluso dalla società. Distrugge la vita ed è una strada che non porta a niente. Io l’ho vissuto e ai ragazzi dico di starne lontano. Divertitevi in modo sano e aiutate il prossimo».

di Cristina Liguori