NAPOLI – Si è tenuto qualche giorno fa un importante convegno intitolato “Una scuola per tutti”. Tale evento, organizzato dalla FLC CGIL Napoli, FISH (Federazione Italiana per il superamento dell’handicap) CAMPANIA alla sede della CGIL Campania in Via Torino 16,  è servito per mettere sul piatto diverse criticità inerenti al rapporto tra la scuola italiana e il mondo delle disabilità.

Tra le associazioni presenti, c’era anche l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, la cui sezione provinciale di Napoli era rappresentata dalla responsabile per l’istruzione Silvana Piscopo. Diversi sono stati i punti trattati. In particolare, i relatori tra i quali Giampiero Griffo responsabile della sezione diversità della Biblioteca di Napoli e Salvatore Nocera esperto in materia di inclusione scolastica della Fish Onlus, hanno illustrato come una persona con disabilità ormai non possa e non debba più essere definita disabile; infatti, tali persone sono abili (e potrebbero esserlo ancora di più), se solo si applicassero le leggi vigenti. In particolare anche per gli alunni con disabilità i concetti di inclusione ed integrazione non possono più essere considerate una concessione ma un diritto sancito anche dalla normativa italiana vigente che, ormai non parlando nemmeno più di scuole e classi speciali, impone anche degli insegnanti di sostegno che, sia chiaro, devono rappresentare un contributo agli insegnanti curriculari e non un assistente per i ragazzi. Inoltre si è sottolineato che, il diritto allo studio degli alunni con disabilità anche psichica, è previsto quanto meno a livello di scuola media inferiore anche dall’art. 16 della Legge n° 104 del 1992 tuttora vigente.

Tale norma, infatti, non pretende che tali alunni rispettino e imparino tutto ciò che prevedono i programmi ministeriali, ma che il loro apprendimento sia commisurato alle capacità di ciascuno. Un ulteriore nota dolente toccata durante il convegno, è stata quella relativa alla scarsa e lacunosa preparazione della maggioranza degli insegnanti di sostegno che, in molti casi, ad esempio non solo, non conoscono i metodi come il codice Braille, ma tendono ad isolare l’alunno con disabilità, precludendo allo stesso quelle esperienze e quella capacità di apprendimento che solo una vera e propria inclusione, con il rispetto, l’osservanza e l’applicazione delle norme vigenti, può garantire.

di Gianluca Fava

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