cani-maltrattati-NAPOLI – Chantal, Rita, Duke, Mirko, sono solo alcuni dei 160 cani ospitati dal rifugio “La Fenice” di Ponticelli. Trovatelli con storie e vissuti diversi che si sono intrecciati in un destino comune, nella struttura gestita dall’Associazione difesa e libertà degli animali fondata da Carmela Vitale. «Quest’anno – ha spiegato Enza volontaria della Onlus – il numero degli abbandoni è aumentato vertiginosamente: dei cuccioli ci sono stati letteralmente lanciati dal cancello d’ingresso o sono stati calati con una corda. Inoltre di recente abbiamo trovato una mamma con dei piccoli vicino ad un cassonetto della spazzatura. Una crudeltà che lascia senza parole». A marzo, il calciatore azzurro Dries Mertens aveva lanciato sui social il suo appello dopo aver visitato il canile La Fenice e aver adottato un cucciolo:  «Sono andato con Katrin e il mio amico Antonio al canile, La Fenice, e onestamente sono molto triste, perché ho visto tanti cani abbandonati: ecco perché chiedo un aiuto a tutti per trovare una famiglia a questi cagnolini. Io e Katrin abbiamo adottato Juliette e siamo molto felici di aiutare il personale del canile, ma oltre al loro grande lavoro è necessario l’aiuto di ognuno di voi: su Facebook c’è anche una pagina, ‘Adotta un cane’, che aspetta di essere esplorata».

Privi di nome e di padrone e spesso feriti questi cani hanno ritrovato nel rifugio “la Fenice” la loro voglia di scodinzolare; ad occuparsi di loro un gruppo di volontari dell’associane guidati dalla Carmela Vitale, fautrice del progetto. «In ogni caso – ha sottolineato Enza – questi cuccioli, hanno bisogno di una casa e di una famiglia che li accolga. Sul sito Rifugio La Fenice A.D.L.A. Onlus è possibile trovare tutte le informazioni».
Il messaggio più importante sul quale l’associazione vuole, però, si punti l’attenzione è «No all’abbandono». «I cani non sono dei peluche – ha concluso la volontaria – non sono dei giocattoli per bambini, bisogna valutare prima se si è in grado di assumersi la responsabilità di adottare un cucciolo; poi bisogna solo trattarlo come fosse un figlio».

di Emiliana Avellino

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