liberailbeneFOGGIA- La Comunità Educativa “San Francesco d’Assisi” è stata inaugurata poche settimana fa a Cerignola. Una struttura polifunzionale che dà accoglienza a 10 minori ed al centro di ascolto per le famiglie. Entrambi i servizi, gestiti dall’Associazione Volontari Emmanuel, trovano spazio in due beni confiscati alla criminalità organizzata. Ad Ugento, nel leccese, la cooperativa sociale Jonathan promuove azioni di tutela alle donne vittime di maltrattamento e pregiudizio. Gli operatori svolgono la loro attività in una villetta confiscata alla mafia. Ad Altamura, nel barese, la Comunità Oasi2 San Francesco Onlus sta realizzando una struttura per attività zootecniche, commerciali e socio-sanitarie al fine di sostenere il reinserimento sociale di soggetti svantaggiati. Il progetto sta nascendo in un fondo rustico con fabbricato rurale, anche questo confiscato alla criminalità organizzata.
LA PIATTAFORMA ONLINE-  In tutto, dal 2010 ad oggi sono 14 i beni confiscati alla mafia che in Puglia, grazie al progetto “Libera il Bene”, sono stati restituiti alla collettività ed avviati al riuso sociale. Ma il numero è destinato ad aumentare, perché la Regione Puglia, attraverso la collaborazione tra l’assessorato regionale alle Politiche Giovanili e l’associazione Libera, nell’ambito del programma Bollenti Spiriti, ha attivato la piattaforma on line http://liberailbene.regione.puglia.it. Una piattaforma nata per “liberare” le informazioni sui beni confiscati e renderle accessibili a tutti. Un’azione di mappatura partecipata che mira a coinvolgere soprattutto enti ed associazioni. Perché in Puglia, secondo l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, sono circa 600 gli immobili consegnati alle Amministrazioni Comunali e disponibili nel loro patrimonio. Un patrimonio pesante, importante, prezioso. Un patrimonio di beni confiscati alle organizzazioni malavitose pugliesi che potrebbero tornare a nuova vita grazie a progetti di riutilizzo con finalità sociali e culturali. Per questo, la mappatura dettagliata dei beni. Per questo, la convita sensibilizzazione degli enti locali. Per questo, il ripetuto coinvolgimento delle associazioni e delle imprese sociali interessate alla gestione.
LA CONFISCA NUOCE ALLE COSCHE- «La confisca fa del male alle cosche. E’ uno strumento che tocca il portafogli delle mafie e toglie di mezzo la mitologia del potere mafioso» ha detto Gugliemo Minervini, assessore alle Politiche Giovanili della Regione Puglia, presentando i risultati della campagna “Libera il Bene” e la piattaforma on line. La filosofia che anima il programma, dunque, è quella di passare dalla confisca dei beni ai mafiosi al loro riutilizzo sociale. «Con le confische ci siamo resi conto che è una cosa buona sfilare i beni illeciti alla criminalità – ha evidenziato Minervini – . Ora diciamo che è “cosa nostra” curare le confische». Di qui, la necessità di rendere trasparenti ed accessibili tutte le informazioni sugli immobili confiscati. Anzi. L’intento è quello di ampliare il più possibile i dati a disposizione della Regione Puglia e di Libera «coinvolgendo le associazioni in una mappatura partecipata dei beni per arricchire di informazioni la piattaforma. Nel sito, quindi, si capisce in modo chiaro e trasparente dove si trovano i beni, se sono liberi, gravati o in una fase di riutilizzo sociale – ha aggiunto Daniela Marcone, coordinatrice provinciale Libera Foggia – . Ed una volta mappate le strutture, toccherà ai Comuni mettere in atto le procedure per realizzare i bandi in modo che le associazioni possano partecipare alla gestione del bene».
INTEGRAZIONE- Perché l’obiettivo è quello di migliorare il numero della precedente esperienza di “Libera il Bene”, il bando realizzato con risorse del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale 2007-2013. Con un investimento complessivo di 7,5 milioni di euro, infatti, il bando a sportello destinato agli enti locali ha permesso il recupero, la riconversione ed il riuso sociale di ben 14 beni confiscati alla criminalità organizzati. Beni che adesso sono diventati progetti di integrazione, accoglienza e reinserimento per persone con disabilità, minori fuori famiglia, cani randagi, disagiati, donne vittime di violenza, anziani, migranti ed altro ancora. Probabilmente lo schiaffo più forte per chi in quegli immobili riponeva gran parte della sua forza criminale.

di Emiliano Moccia

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