Bikiladi Emiliano Moccia
 
FOGGIA – Si è sfilato le infradito dai piedi e ha iniziato a correre. A dare la caccia al giovane malvivente che aveva appena sfilato il borsello ad un uomo di sessant’anni. Scalzo, a piedi nudi sull’asfalto del marciapiede reso rovente dal caldo di mezzogiorno, Mamadou Keika ha rincorso il ladro. Ha schivato passanti e panchine. E dopo una lunga corsa, ha braccato il borseggiatore dinanzi alla Villa Comunale di Foggia. Ha recuperato il borsello, l’ha restituito al legittimo proprietario e poi, con calma, ha aspettato che arrivasse la polizia. E ora, in città, si è guadagnato l’appello del migrante-eroe. Mentre la stessa Questura l’ha definito l’Abele Bikila dell’antiscippo, come il campione olimpico che correva scalzo. «L’ho fatto perché in quel momento mi è sembrata l’unica cosa giusta da fare. Prima ho sentito una persona gridare, chiedere aiuto. Poi, mi sono visto passare il ladro davanti agli occhi». Mamadou Keika non ci ha pensato un attimo. E si è messo a correre. Anche perché correre è l’unica cosa che sa fare quando percepisce un pericolo. Per sé o per gli altri. Come quando è dovuto scappare dal suo Paese, dal Mali, a causa della guerra.
IL SUO PASSATO – «Sono arrivato in Italia lo scorso mese di gennaio per colpa dei continui combattimenti che imperversavano in Mali. Sono arrivato a bordo di un camion come irregolare. Il mio viaggio è iniziato in Marocco, poi siamo passati per la Spagna, per la Francia e infine siamo arrivati in Italia. Non avevo documenti, non avevo niente. E quando sono giunto a Ventimiglia un mio amico mi ha anche detto che mio padre era rimasto ucciso durante uno scontro armato». Mamadou racconta la sua storia in italiano. Lo parla bene, anche se sono pochi mesi che vive a Foggia. Del resto, a fargli compagnia ogni giorno sono le pagine dei quotidiani locali e nazionali che conserva nel suo zainetto. «Dai proprietari dei bar e dei negozi – spiega – mi faccio dare il giornale del giorno prima. Leggere gli articoli è l’unico modo che ho per imparare subito la lingua italiana e quello che succede». Ed intanto aspetta. Aspetta un dono, un regalo. Lui che è nato proprio il 25 dicembre del 1983. «Sì, il giorno di Natale, come Gesù bambino». Ed il regalo più bello che gli piacerebbe ricevere ha la forma dei «documenti che mi possono aiutare ad avere una vita migliore, un futuro migliore. Sono andato via dal mio Paese proprio per questo».
VITA IN ATTESA – Al momento, però, Mamadou deve aspettare. «Aspetto dallo scorso mese di marzo, quando grazie all’intervento del Centro Interculturale “Baobab” ho presentato alla Questura di Foggia la richiesta per il riconoscimento della Protezione Internazionale». Se tutto va bene, ad ottobre dovrebbe trovare posto al Centro di  Accoglienza per Richiedenti Asilo e Rifugiati Politici di Borgo Mezzanone. Ma fino a quel giorno, il trentenne deve arrangiarsi. E proseguire la sua vita da senza fissa dimora. «Dormo in un casolare diroccato in campagna, a dieci chilometri dalla città. Ogni mattina vengo a Foggia per guadagnare qualche soldo, per cercare qualche lavoretto». Non a caso, qualche commerciante e residente del quartiere l’ha adottato e quando possono gli danno un mano. Ma Mamadou vuole lavorare, integrarsi, dare una risposta concreta al suo viaggio della speranza. «Sono diplomato come metalmeccanico e nel mio Passe lavoravo come saldatore. Quello che più mi preme adesso è di vedermi riconosciuta la Protezione Internazionale. E’ il mio più grande sogno».
IL RICONOSCIMENTO – La città di Foggia, intanto, festeggia il suo eroe. La stessa città che è rimasta silente, immobile, pietrificata davanti allo scippo del borsello del signore anziano. Ma non Mamadou, che ha anche testimoniato al processo svoltosi il giorno dopo per direttissima. Il giovane scippatore, che proprio venerdì scorso compiva 18 anni, è già in libertà. Anche per questo, il maliese non nasconde «un po’ di preoccupazione, un po’ di paura che il ragazzo o qualcuno dei suoi familiari possa vendicarsi per quello che ho fatto». Ed allora, servirebbe accelerare la pratica per conferirgli lo status di Protezione Umanitaria. Anche se su facebook e sui social network in molti chiedono di conferirgli la cittadinanza onoraria o quanto meno un premio per ringraziarlo non tanto dell’atto eroico, quanto dell’esempio che ha dato ad una comunità troppo spesso complice di omertà ed indifferenza. Il sindaco Gianni Mongelli ha rilevato che «il premio lo merita davvero». Mamadou sa attendere. Sa aspettare. Lo fa da tanti mesi. Troppi. E gli piacerebbe rinascere a nuova vita, riabbracciare la madre profuga in qualche Paese africano. Ma deve aspettare. Può solo confidare in un regalo. Lui è che è nato il 25 dicembre. Lui che l’ultimo Natale l’ha trascorso in Mali  e che adesso vive come un senza dimora in attesa che gli vengano riconosciuti i suoi diritti.
 
 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui