NAPOLI –  Lotta alla dipendenza da gioco d’azzardo. All’università  degli studi Suor Orsola Benincasa nasce il primo corso in Italia per la formazione di esperti in prevenzione psicosociale e trattamento delle ludopatie. Quindici incontri per un totale di settantacinque ore, le lezioni, a carattere laboratoriale, avranno inizio a maggio e formeranno cinquanta professionisti in grado di operare presso enti pubblici e privati, scuole, istituzioni educative e riabilitative, cooperative, centri di assistenza e di accoglienza.
 
«Il Gioco  d’azzardo patologico – ha spiegato il dottor Antonio D’Ambrosio psichiatra psicoterapeuta, ideatore del corso – è l’ultima delle epidemie che sta vivendo il nostro Paese. La Campania è la prima regione italiana per numero e quantità di scommesse, pur avendo un’economia tra le più disastrate della nazione». Dati preoccupanti, che hanno attivato anche il ministero della salute. «Con il decreto legge 13 settembre 2012 – ha chiarito D’Ambrosio – le persone affette da ludopatia sono state incluse tra i soggetti con altre forme di dipendenze aventi diritto al servizio sanitario nazionale. Una prestazione obbligatoria per le Asl che, però, mancano di finanziamenti».
 
Da qui l’idea del neuro-psichiatra di attivare un corso, che ha ricevuto il patrocinio dell’ordine dei medici di Napoli, per la formazione di personale competente. Operatori che siano in grado di intervenire a vari livelli del fenomeno: dai progetti di prevenzione del gioco nelle popolazioni a rischio come gli adolescenti; l’intervento sui fattori scatenanti di natura sociale (emarginazione, prevenzione del rischio di commettere reati, gestione finanziaria); alle terapie cognitive comportamentali che intervengono e correggono i meccanismi e le capacità di coping del paziente e la prevenzione del rischio di ricaduta. «Purtroppo – ha commentato il dottor D’Ambrosio – c’è una grande ipocrisia di base dello Stato che se da un lato si prodiga per la cura dei soggetti affetti da ludopatie, dall’altro incita al gioco. Non dobbiamo dimenticare – ha concluso – che chi gioca ha la speranza che la propria vita possa cambiare, ma poi sono molte le famiglie che vivono il dramma di non avere neanche i soldi per mangiare».
 

di Emiliana Avellino

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