DARFURSUDAN- Ci sono guerre al mondo dimenticate più di altre. Conflitti che vantano il triste primato di essere ai primi posti tra le crisi umanitarie più rimosse dalla coscienza e dal dibattito pubblico. A distanza di dieci anni dall’inizio della guerra in Darfur, l’associazione umanitaria Italians for Darfur lancia una nuova campagna di sensibilizzazione in favore della popolazione sudanese. Prestano il volto all’iniziativa star internazionali. Primo fra tutti George Clooney che torna a mobilitarsi per il conflitto in Darfur dopo l’azione di protesta che, circa un anno fa, l’attore americano aveva inscenato davanti alla ambasciata sudanese a Washington, finendo in manette ma riportando  per un giorno l’attenzione mediatica sul massacro in corso in Sudan. Nello spot di Italians for Darfur è affidato alla sua voce l’invito a farsi sentire per fermare le atrocità che stanno avvenendo non solo in Darfur ma anche nel Sud del Sudan, al confine con il Ciad. Aderiscono alla campagna anche star nostrane come Fiorella Mannoia, Monica Guerritore, Tony Esposito e i Negramaro. È del gruppo salentino la colonna sonora che accompagna i due minuti di video. Attraverso le parole di Via le mani dagli occhi l’invito a non distogliere lo sguardo da una situazione che tra scontri civili, ribellione armata e promesse di pace miete ancora troppe vittime.
IL RAPPORTO- 300 mila morti, tutti civili, e 2 milioni e mezzo di sfollati sono infatti i numeri di un conflitto decennale il cui bilancio è ancora oggi troppo pesante e che sembra non destinato a migliorare. Il Rapporto “Sudan, Darfur. Dieci anni di crisi” di Italians for Darfur parla di una speranza di vita ancora bassissima: sono poche le persone che superano il 35° anno di vita, mentre molti bambini muoiono già prima di avere compiuto sei anni. E ogni giorno si registra un numero inaccettabile di piccole vittime degli scontri, della fame, della malattia: settantacinque bambini perdono quotidianamente la vita nella regione sudanese. La scolarizzazione è inoltre ancora molto bassa e solo il 65% dei bambini riesce ad avere accesso all’educazione. La maggior parte di essi, ancora nei campi profughi, soffre di depressione e disturbi post-traumatici. Una vita di terrore che fa i conti ancora oggi, come all’inizio del conflitto, con i Land Rover che corrono sulla sabbia, con le armi in pugno e sempre pronte a sparare. «A distanza di dieci anni dall’inizio del conflitto in Darfur, la situazione nella regione occidentale del Sudan rimane di grande instabilità – afferma Antonella Napoli, presidente dell’associazione – Nonostante il conflitto su larga scala si sia esaurito nel 2008, sacche di resistenza della ribellione hanno continuato a contrapporsi alle Forze armate del governo sudanese che prosegue la campagna di bombardamenti e attacchi contro le roccaforti dei ribelli, sia del Sudan Liberation Movement, sia del Justice and Equality Movement. Nel mese di gennaio di quest’anno l’emergenza più grave è stata registrata nell’area del Jebel Amir, zona collinare del nord Darfur. Almeno venticinque villaggi sono stati distrutti, con centinaia di vittime e migliaia di sfollati. Gli scontri tra alcune comunità in lotta tra loro per il controllo di una miniera d’oro hanno spinto alla fuga oltre 90mila persone». Per questo numerose associazioni promettono per il 2013 un impegno forte e costante a non ignorare quanto sta avvenendo in Sudan dove, nonostante la presenza di una missione di peacekeeping, continuano a susseguirsi quotidiani scontri e violenze contro i civili. Mentre per la onlus Italians for Darfur già si segnalano due importanti campagne portate a buon fine nell’ultimo anno: l’adesione alla petizione internazionale per salvare due giovani donne sudanesi condannate a morte per lapidazione e l’impegno per salvare la vita a sei piccoli pazienti in gravissime condizioni di salute, trasportati nell’ospedale della capitale Khartoum dove hanno potuto ricevere le cure necessarie.

 di Antonella Migliaccio

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