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“Epochè”, in scena detenuti e magistrati per “sospendere il giudizio”

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CASERTA – Il 29 settembre alle ore 19.00 nella piazza di S. Maria Capua Vetere, nell’ambio della Settimana della Cultura, una compagnia teatrale sui generis, composta da detenuti, magistrati e operatori della giustizia, la prima in Italia, si esibirà nello spettacolo dal titolo “Epochè” (Sospesi) per la regia di Marco Puglia.
La innovativa e, al momento, unica esperienza di uno spettacolo messo in scena dai detenuti e i loro giudici è nata circa due anni da un’idea del Magistrato di Sorveglianza Marco Puglia, con trascorsi attoriali, che ha trovato sponda nel laboratorio teatrale già attivo all’interno del penitenziario di S. Maria Capua Vetere.
«L’arte è da sempre ritenuta – afferma Giovanna Tesoro, funzionario operante all’interno dell’istituto di pena e animatrice del laboratorio – un valido strumento di rieducazione per le persone sottoposte a misure restrittive della libertà perché consente loro di riflettere, contattare le emozioni, liberarsi. E la funzione rieducativa è l’obiettivo ultimo della pena».
L’esperienza sammaritana ha poi un valore aggiunto altissimo: i detenuti si avvicinano ai loro giudici, quelli dai cui dipendono alcune decisioni che li riguardano, abbattendo così l’idea immaginifica del giudice chiuso nelle sua stanza; i magistrati, di contro, hanno la possibilità di conoscere da vicino le persone di cui si occupano e non soltanto attraverso la carta bollata.
«Questa esperienza è molto bella – dichiara il Magistrato di Sorveglianza Marco Puglia – perché mi ha permesso di entrare in contatto profondo con i detenuti, uno dei quali mi ha particolarmente commosso quando, dietro le quinte, ha detto che per la prima volta sentiva di essere nel posto giusto».
Lo spettacolo è un viaggio, attraverso le opere di Raffaele Viviani, Bob Dylan, William Shakespeare, Dante Alighieri, Giorgio Gaber, che racconta cosa abbia significato e cosa significhi oggi l’esperienza carceraria. Il titolo reca già in sé un messaggio preciso: epochè in greco significa sospensione del giudizio, una sospensione necessaria fino a quando non si hanno elementi sufficienti per esprimerlo. In senso più ampio “Epochè” vuole soffermarsi sull’importanza della seconda opportunità, di un’altra chanche, e sul dovere di offrirla.
«Siamo alla nostra quarta rappresentazione – continua il magistrato-regista – e volutamente ci siamo esibiti fuori dal carcere, perché il nostro primario intento è sensibilizzare la società civile sul tema della rieducazione del condannato e sulle possibili alternative al carcere, che non eliminano la pena ma lo aiutano “solo” a costruirsi un progetto di vita diverso dal precedente».
E a crederci nella possibilità del cambiamento sono state anzitutto le Istituzioni – il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di S. Maria Capua Vetere, l’ufficio di sorveglianza (Oriana Iuliano, Filomena Capasso, Lucia De Micco), il Direttore dell’Istituto di Pena – senza le quali “Epochè”, e tutto quello che a più livelli vuole significare, non avrebbe mai visto luce.

di Ornella Esposito

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