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Il Ghana e le contraddizioni della sfida all’autosufficienza sanitaria

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Sembrerebbe una buona notizia, il segnale della crescita e della naturale evoluzione di una nazione che progredisce verso l’autosufficienza, ma forse così non è. Parliamo della recente diffidenza che i medici, che prestano servizio volontario in Ghana, sentono crescere, di anno in anno, nei loro confronti, da parte delle autorità locali. Le tante associazioni mediche di volontariato, che operano inviando personale specialistico nel Paese westafricano, lamentano, già da qualche tempo, l’inasprirsi di misure “regolatrici” atte, a loro avviso, a penalizzare la categoria. L’importanza del lavoro di queste associazioni risiede nel loro apporto di conoscenze e competenze, certamente avanguardiste per un Paese che ancora fatica a mettersi al passo con l’innovazione tecnologica e tecnica della medicina praticata in Occidente. Gli strumenti diagnostici e, ancor di più, chirurgici, di uso comune in Europa, seguono spesso i missionari nel loro lavoro in Africa, rendendo, di fatto, più funzionali e moderne le strutture in cui essi operano. In Ghana, Paese a grande maggioranza cristiana, dove la fede, diffusa e profondamente sentita, non si mette in discussione, la presenza della Chiesa è straordinariamente capillare. Molti ordini religiosi, come i Comboniani e i Guanelliani, hanno edificato numerosi ospedali che tutt’ora amministrano, cooperando spesso con i medici volontari stranieri. La reverente attenzione alla vita parrocchiale e la crescente consapevolezza dell’effettiva validità dell’opera missionaria in ambito sanitario, portano una parte consistente della popolazione a optare per queste strutture, anche preferendo alle cure dei medici locali, seppur più tempestive, la confidente attesa dell’arrivo di specialisti dall’Occidente. La sempre più folta categoria dei medici ghanesi, dal canto suo, non può che risentire profondamente dell’attuale situazione nel Paese, minacciata dal sentimento popolare filo-occidentale e dall’inappuntabile superiorità della “concorrenza”. Forte della consapevolezza che il Ghana è tra i paesi con il più rapido sviluppo nell’intero West Africa, la politica, sul giusto filone dell’autosufficienza nazionale, ha deciso di supportare i medici ghanesi, usando le armi della burocrazia e inasprendo progressivamente i controlli, fino ad avallare la richiesta dell’Ordine dei Medici di richiedere una quota d’iscrizione ai medici volontari, particolarmente onerosa. Un segnale forte di autodeterminazione che non tiene però conto, in molti casi, dell’obsolescenza delle tecniche insegnate nelle Università, tecniche non più in uso da noi dalla fine degli anni ’90. A causa del mancato aggiornamento delle apparecchiature a disposizione dei medici tirocinanti e dei relativi insegnamenti, il divario tra assistenza locale e quella occidentale sembra al momento insanabile. Come ci racconta l’esperienza della Onlus Oculistica A.I.R.O. (Associazione Italiana Rinnovamento in Oculistica), l’ammodernamento strumentale dei reparti e delle sale operatorie, troppo spesso, non va di pari passo con le conoscenze specifiche dei medici locali. Pur riconoscendo tra i valori statutari il supporto allo sviluppo dell’assistenza delle strutture ospedaliere, che si può sintetizzare parafrasando la dottrina confuciana “meglio avere in regalo una canna da pesca che un pesce”, A.I.R.O. , come altre associazioni simili, si trova davanti all’impossibilità di far evolvere tecnologicamente l’assistenza medica nel Paese, seppur impegnata da anni all’ammodernamento delle strutture. Senza la dovuta collaborazione del mondo accademico ghanese, non sarà mai possibile formare una categoria di medici sufficientemente preparati per competere con i volontari stranieri ed affermare, finalmente e giustificatamente, la loro posizione prevalente nell’assistenza sanitaria del Ghana.

di Valerio Orfeo

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