Accoglienza, garanzia dei diritti fondamentali, tutele. Ma anche occasioni di lavoro e di crescita. I messaggi che arrivano da Napoli in occasione della Giornata mondiale del rifugiato sono molteplici, ma con un filo conduttore: dare l’opportunità a chi viene da lontano di raggiugere felicità e soddisfazioni. Momento di riflessione, la serie di interventi questa mattina alla Sala dei Baroni del Maschio Angioino alla presenza di autorità e operatori del Terzo Settore. Luca Trapanese, assessore al Welfare del Comune di Napoli sul punto è perentorio: «La nostra è la città dell’accoglienza, le persone immigrate e rifugiate sono una risorsa e sono cittadini che come fatto in passato da noi sono immigrate e rifugiate. Per tale motivo – aggiunge Trapanese – Napoli deve accogliere le persone che arrivano perché è la storia che parla delle migrazioni delle persone».

Qualcuno può storcere il naso, spesso lo straniero fa quasi paura in nome di un’invasione smentita dai numeri. In proposito, Trapanese è conscio: «L’arrivo di queste persone può creare disordine ma, dall’altro lato, porta anche ricchezza, cultura, storia, arte ed è stato importante. In quattro anni di nostro mandato abbiamo ristrutturato l’accoglienza. Avremmo sicuramente bisogno di risorse maggiori, più energie ma il lavoro fatto con l’Unchr, con il Sai (Sistema Accoglienza e Integrazione ndr.), l’accoglienza dei minori non accompagnati e la condivisione con Procura, Prefettura, Asl, servizi sociali, enti del terzo settore è stato decisivo per l’accoglienza».

Abraham Narcisse Kuadio, mediatore interculturale e membro della Consulta Immigrati del Comune di Napoli trova un significato complesso alla giornata: «Deve passare il concetto della pace e della riconoscenza della figura del mediatore, dello straniero. Inoltre, deve essere rispettata la parta. In alcuni casi in Italia, un Paese accogliente, delle attività politiche o azioni di cittadini vanno contro i principi fondamentali per quello che riguarda i rapporti tra gli esseri umani». Nello specifico Kuadio chiede «ai Paesi occidentali, ipoteticamente democratici, di rispettare i diritti umani. Chi arriva avere un documento per accedere i servizi. Non solo Welfare – insiste –  ma anche la possibilità per gli stranieri di poter imparare dei mestieri, così anche se ritornano nel proprio Paese hanno acquisito delle professionalità che permetta loro di crearsi una posizione, senza dover più ripetere il viaggio della speranza». I tempi per l’ottenimento di permessi e documenti sembrano ancora troppo lunghi. Ancora Abraham Narcisse Kuadio: «Chiediamo di restringere i tempi. A volte le Questure danno permessi di soggiorno già scaduti e quindi gli stranieri sono costretti a spendere altri soldi per rifare le pratiche, complicando il tutto. Le Questure dovrebbero distribuire le pratiche sui commissariati sui territori che possono anche loro essere d’aiuto per la consegna dei documenti smaltendo le pratiche».

«Oggi più che mai c’è un arretramento dei diritti, poco coraggio ed è quindi necessario essere in linea e soddisfare i bisogni di queste persone e dare loro risposte» ammonisce l’assessore regionale all’Immigrazione Mario Morcone aggiungendo come il tema «riguarda la nostra società civile e i valori della nostra Costituzione, che spesso dimentichiamo. Il mio timore è che Napoli, Roma e Milano abbiano ancora in sospeso domande del 2020 della direttiva del Ministro Lamorgese ed è una vergogna». Il riferimento è al Decreto Legge n. 130 del 2020, in merito alle normative sulle migrazioni e protezione internazionale nel nostro Paese. Morcone esprime anche un rammarico. «Avevamo lavorato bene, per garantire servizi, con gli Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati ndr.) che hanno funzionato soprattutto con i Comuni più piccoli. Poi c’è stata l’ondata della cattiveria dei Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati ndr.), senza dimenticare le regole rigide di Dublino 3 sulla protezione internazionale. Ma su Welfare e diritto alla casa vanno date risposte di sistema».

I numeri

Importante dare dei numeri per affrontare con maggiore sostanzialità la questione rifugiati. A fornirceli, per ciò che concerne il territorio della provincia di Napoli, è il vicesindaco della Città Metropolitana Domenico Cirillo, anch’egli presente all’incontro al Maschio Angioino.  «Fino allo scorso anno, in Campania si contavano oltre 190mila cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti, di cui più della metà, circa 100mila, nella città metropolitana di Napoli». Inoltre, sul territorio campano, sono stati accolti «circa 18mila rifugiati di nazionalità ucraina, posizionandosi tra le prime regioni in Italia, e tanti altri dagli altri Paesi del mondo da cui si scappa per la guerra o per crisi umanitarie. Questi numeri ci ricordano l’importanza e la delicatezza del nostro compito, ma anche la straordinaria risorsa che queste persone rappresentano». Gianguido D’Alberto, sindaco di Teramo, è delegato dell’Associazione Nazionale dei Comuni per l’accoglienza, l’immigrazione e l’integrazione. Le sue, sono parole di consapevolezza. «Il sistema è lacunoso soprattutto per ciò che attiene l’ambito delle Regioni sulla casa, sulle politiche di indirizzo. Anche quello Sai ha subìto troppe modifiche». Nonostante ciò, nel 2024 ha consentito sul territorio nazionale di assistere 55.000 persone sul tema dell’accoglienza su 2000 Comuni, 1000 dei quali di dimensione più piccola con 25.000 operatori». Su scala mondiale interviene con numeri da brividi Andrea De Bonis dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). «Nel mondo sono 122 milioni i rifugiati, con una crescita costante negli ultimi 15 anni. Oggi abbiamo diversi teatri di guerra: dalla Siria all’Afghanistan, passando per l’Ucraina, la Palestina e senza dimenticare che ora ci saranno i rifugiati della guerra tra Israele e Iran». Nel nostro Paese, sottolinea De Bonis, «il 45% dei rifugiati vive in condizione di povertà assoluta, il 67% in condizione di povertà relativa mentre il 52% parla poco e male l’Italiano perché nei centri di accoglienza si studia oggi poco e il 25% ha avuto problemi a trovare un alloggio con l’11% che ha dovuto dormire per strada». De Bonis lancia poi un altro allarme riguardante l’Unchr. «A causa della decisione di alcuni Stati, nel 2025 il nostro budget è stato tagliato del 40%. In questo modo è difficile dare risposte ai rifugiati».

di Antonio Sabbatino

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