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NAFRICA-MASCHERE, UNA MOSTRA A CURA DI SIMON NJAMI

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Nell’ambito delle celebrazioni Napoli2500 con la direzione artistica di Laura Valente, il Comunee il Museo e Real Bosco di Capodimonte, diretto da Eike Schmidt, ospiteranno la mostra NAFRICA-MASCHERE a cura di Simon Njami e prodotta da Andrea Aragosa per Black tarantella. L’appuntamento è realizzato in collaborazione con il Ministero della Cultura, Dipartimento Valorizzazione Patrimonio Culturale; l’Università Federico II di Napoli; l’Università L’Orientale e MUCIV, Museo delle Civiltà. La mostra affronta le radici irrisolte del colonialismo italiano in Africa, interrogando il rapporto tra memoria, identità e i linguaggi dell’arte contemporanea.

Si ripercorre, da un lato, l’influenza che la scultura africana ebbe sui movimenti artistici del primo Novecento e, dall’altro, la narrazione coloniale che ha profondamente segnato la storia culturale italiana. Dalla Biennale di Venezia del 1922, dove furono mostrati per la prima volta manufatti di “arte primitiva”, alle grandi esposizioni coloniali di Napoli (1934 al Maschio Angioino e 1940 alla Mostra d’Oltremare), il percorso mette in luce il modo in cui “l’ideologia coloniale” si è servita delle arti per consolidare il proprio immaginario. Elemento centrale della mostra è il lavoro di una figura controversa come l’antropologo fiorentino Lidio Cipriani, i cui viaggi documentati tra il 1923 e il 1927 verso il Corno d’Africa – attraverso fotografie, testi e calchi facciali policromi – rivelano la costruzione scientifica e culturale dell’“altro”, del “diverso”, del “Negro”. Questi materiali, provenienti dal Museo di Antropologia dell’Università Federico II di Napoli, sono presentati non tanto come reperti, ma come documenti della violenza ideologica che contribuì a giustificare schiavitù, segregazione e le leggi razziali del 1938.

“Accanto a questo inquietante archivio visivo, venticinque artisti contemporanei, africani ed europei, sono stati invitati a “rispondere” con opere nuove o esistenti, mettendo così in dialogo due registri opposti: da un lato, la riduzione del volto umano a oggetto coloniale; dall’altro, la riaffermazione della soggettività attraverso l’arte. Non si tratta di una semplice denuncia, ma di un confronto visivo capace di generare nello spettatore una consapevolezza profonda e non mediata, ciò che Jean-Paul Sartre definiva ‘lo shock dell’essere visti’. Questa mostra è necessaria. Dipinge un quadro terribile dell’immobilità della storia e del modo in cui siamo incapaci di imparare da essa. La storia non appartiene a un popolo. È l’esplosione dell’incontro. E se la propaganda del nazismo affermava che  la storia è sempre scritta dai vincitori, allora è giunto il momento di riscriverla. La mostra si sviluppa come un libro visivo: ogni opera, ogni documento d’archivio diventa una nota o un’illustrazione di un racconto collettivo ancora in costruzione. L’obiettivo non è proporre una morale o una lettura univoca, ma aprire uno spazio di risonanza critica, dove l’arte possa agire come strumento di esorcismo e riscrittura”, come spiega il curatore Simon Njami.

Artisti in mostra: Antonio Biasiucci, Assunta Saulle, Bruno Ceccobelli, Délio Jasse, Edson Chagas, Euridice Zaituna Kala, Felice Levini, Férielle Doulain-Zouari, Gonçalo Mabunda, Jean Lamore, Maria Magdalena Campos, Mario Ciaramella, Maurice Pefura, Michèle Magema, Michele Zaza, Mwangi Hutter, Myriam Mihindou, Pascale Marthine Tayou, Pélagie Gbaguidi, Theo Eshetu, Ugo Giletta.

Pensata come mostra itinerante, NAFRICA-MASCHERE è concepita per evolversi: nuove opere, nuovi artisti e nuovi contesti potranno integrarsi lungo il suo percorso, generando ogni volta rinnovati spunti di riflessione e dibattito.

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