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Ecco lo studio su testuggini e tartarughe che sfidano le teorie evolutive dell’invecchiamento

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Anche se la durata media della vita dell’essere umano si è alzata negli ultimi decenni, non possiamo sfuggire all’inevitabilità dell’invecchiamento. Tuttavia, le Testudines – l’ordine a cui appartengono le testuggini (terrestri e d’acqua dolce) e le tartarughe (marine) – possono invertire questa tendenza seguendo un diverso modello di invecchiamento rispetto all’uomo e ad altre specie.

In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science, i ricercatori hanno utilizzato i dati forniti dal Giardino Zoologico di Napoli in collaborazione con altri zoo e acquari per esaminare 52 specie di testuggini e tartarughe. I dati registrati dal Giardino Zoologico di Napoli nel Sistema di gestione delle informazioni zoologiche Species360 (ZIMS) hanno permesso ai ricercatori di scoprire che, a differenza dell’uomo e di altre specie, testuggini e tartarughe sfidano le teorie evolutive comuni e possono ridurre il tasso di invecchiamento in risposta a miglioramenti delle condizioni ambientali.

Le teorie evolutive dell’invecchiamento prevedono che tutti gli organismi viventi si indeboliscano e si deteriorino con l’età (un processo noto come senescenza) e alla fine muoiono. Ora, utilizzando i dati acquisiti dallo Zoo di Napoli e da altre strutture zoologiche in tutto il mondo, i ricercatori della Species360 Conservation Science Alliance e dell’Università della Danimarca meridionale hanno evidenziato che alcune specie animali, come tartarughe e testuggini, possono mostrare una senescenza più lenta o addirittura assente quando le loro condizioni di vita migliorano.

Alcune teorie evolutive prevedono che la senescenza appaia dopo la maturità sessuale come un compromesso tra l’energia che un individuo investe per riparare i danni alle sue cellule e tessuti e l’energia che investe nella riproduzione. Questo compromesso implica, tra le altre cose, che, dopo aver raggiunto la maturità sessuale, gli individui smettono di crescere e iniziano a invecchiare.

Le teorie prevedono che tali compromessi siano inevitabili, e quindi la senescenza è inevitabile. In effetti, questa previsione è stata confermata per diverse specie, in particolare mammiferi e uccelli. Tuttavia, si ritiene che gli organismi che continuano a crescere dopo la maturità sessuale, come tartarughe e testuggini, abbiano il potenziale per continuare a investire nella riparazione dei danni cellulari e si ritiene quindi che siano candidati ideali per ridurre e persino evitare gli effetti dannosi dell’invecchiamento.

“Alcune di queste specie possono ridurre il loro tasso di invecchiamento in risposta al miglioramento delle condizioni di vita che si trovano negli zoo e negli acquari, rispetto alla natura”, ha affermato la coautrice dello studio, la prof.ssa Dalia Conde, Direttore Scientifico di Species360, capo della Species360 Conservation Science Alliance. “Inoltre, le moderne organizzazioni zoologiche svolgono un ruolo importante nella conservazione, nell’istruzione e nella ricerca e questo studio mostra l’immenso valore degli zoo e degli acquari che mantengono registri aggiornati per il progresso della scienza”.

“Come parte del nostro impegno per la conservazione e il benessere degli animali, la nostra struttura registra i dati sugli animali della nostra collezione per garantirne il benessere fisico e psichico e per contribuire alla gestione e alla conservazione delle specie. Siamo orgogliosi di essere parte della rete internazionale di Species360” – il Direttore Scientifico dello Zoo di Napoli, dott.ssa Fiorella Saggese.

Il Giardino Zoologico di Napoli è membro di Species360, un’organizzazione senza scopo di lucro che gestisce il Sistema da gestione delle informazioni zoologiche (ZIMS), il più grande database sulla fauna sotto la cura dell’uomo. Il Giardino Zoologico di Napoli opera per la conservazione e la fornitura di standard elevati di benessere degli animali e utilizza ZIMS per tenere registri dettagliati delle sue collezioni animali.

Per maggiori informazioni sullo Zoo di Napoli www.lozoodinapoli.it

L’articolo è disponibile qui: https://www.science.org/doi/10.1126/science.abl7811

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