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Caregiver ovvero sostegno ai malati di HIV e alle loro famiglie

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hivNAPOLI – Facilitare la progressiva riduzione del disagio psico-sociale dei soggetti affetti da Hiv e dei familiari caregivers che assistono questi ultimi durante il loro percorso di guarigione dalla malattia, questo lo scopo del progetto “Caregiver: HIV e sostegno alle famiglie”. L’iniziativa, finanziata dalla Regione Campania e realizzata da Arci Napoli, è stata presentata, ieri pomeriggio, al Renaissance Naples Hotel Mediterraneo. «Abbiamo l’obiettivo – ha spiegato il dott. Mariano Anniciello, presidente Arci Napoli – di mettere in campo azioni innovative per dare un sostegno forte alle famiglie dei pazienti con hiv, affinché facciano rete intorno ai malati di una patologia spesso dimenticata che sta purtroppo ritornando in auge». Non isolare i malati, dunque. «Spesso, soprattutto negli anni 90 – ha raccontato Vincenzo De Falco, presidente associazione vola – ho visto dei ragazzi abbandonati in ospedale, alcuni venivano lasciati dalla famiglia nelle fasi terminali della malattia. Per questo motivo io ed i miei colleghi diventavamo spesso loro amici, punti di riferimento. Mi sono ritrovato a dover cercare un sacerdote per l’estrema unzione o a tenere loro la mano negli ultimi momenti di vita».

L’EXCURSUS- Da gli anni 90 ad oggi, però, sono cambiate molte cose a spiegarlo il prof. Giuseppe Bonadies del dipartimento assistenziale di malattie infettive e medicina legale AOU Federico II. «È un’infezione che interessa principalmente gli eterosessuali rispetto alle fasi iniziali dell’epidemia dove ad essere contagiati erano i tossicodipendenti e gli omosessuali». «Si continua a pensare che l’Hiv – ha aggiunto Bonadies – sia una malattia da ghetto, ma non lo è. Può colpire chiunque abbia una vita sessualmente attiva e questo sta avendo una ricaduta epidemiologica devastante se si pensa che molti dei pazienti che arrivano alla nostra osservazione sono già ad una fase avanzata della malattia». Ad essere cambiata anche la tipologia dei pazienti. «Prima – ha spiegato il professore – il 60, 70 % delle persone malate, appartenevano ai ceti meno abbienti, oggi i contesti sono totalmente diversi, si tratta di persone sicuramente “insospettabili”».
Presenti al convegno, moderato da Luca Mattiucci, direttore responsabile di Comunicare il Sociale, anche il prof. Giuseppe Nardini del U.O.C. psichiatria per l’integrazione degli interventi di cura all’ospedale Cotugno e la dott.ssa Margherita D’ Errico, presidente NPS.

di Emiliana Avellino

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