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Una silenziosa emergenza mai finita

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 di Marina Terragni *

 
Una + una + una… in un anno fa 127. 127 donne italiane uccise, una ogni 2 giorni, da mariti, fidanzati o ex, da fratelli o padri. 127 delitti scelleratamente definiti “passionali”-non era meglio quando si parlava senza infingimenti di delitti d’onore?- e “notiziati” in ordine sparso nelle cronache. Bisognerebbe metterli tutti insieme, comporre idealmente un paginone di quotidiano con i volti di tutte queste donne per raccontare il femminicidio per quello che è: una gravissima questione sociale e politica che il nostro Paese non sta affrontando in modo adeguato, emergenza di un’enorme violenza diffusa, variegata e sottaciuta che colpisce una donna su 3. Quel pochissimo che stiamo facendo, e che Rashida Manjoo, inviata dell’Onu è venuta recentemente a indagare, non sta affatto funzionando. Siamo capaci di riconoscere l’esistenza del razzismo, perfino quella dello specismo, ma il sessismo resta un tabù.  Stefania Noce, ammazzata da un fidanzato che “l’amava più della sua stessa vita”, è diventata un simbolo. Non solo perché era conosciuta come giovane femminista di “Se non ora quando”, ma soprattutto perché la sua storia dimostra che la consapevolezza non basta a salvarti la vita. E’ solo la consapevolezza degli uomini che può salvarci la vita. E’ solo l’assunzione da parte loro della violenza sulle donne come questione maschile. Dice Marisa Guarneri, presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano – uno degli storici centri antiviolenza che da anni non ricevono più finanziamenti – che «ci vogliono uomini che controllino gli uomini», intendendo forze dell’ordine che fermino gli stalker, assassini annunciati. Ma ci vogliono anche uomini, tanti, che sappiano dire “I care”, che non voltino più la faccia dall’altra parte, disposti ad assumere il problema
e a riconoscere che la violenza non può più essere letta come la patologia di alcuni. E se è vero che il disagio di cui le donne subiscono le terribili conseguenze è maschile, è su questo disagio che si deve lavorare. Anche il lavoro di prevenzione va ri-orientato sugli uomini e fra uomini.
marina.terragni@rcs.it
twitter   @marinaterragni
* giornalista del Corriere della Sera, editorialista di Io Donna

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