Il caldo ruggente, ormai consueto fenomeno estivo legato al cambiamento climatico, è  arrivato anche quest’anno su tutta la penisola italiana. Mentre cade anche l’ultimo record della temperatura massima registrata a livello globale, le misure per la mitigazione degli effetti del collasso climatico continuano ad avere uno spazio marginale nelle agende governative. Così, a farne maggiormente le spese oggi, come in futuro, sono le aree urbane, dove in estate si sviluppano sempre più frequentemente le cosiddette “isole di calore”. L’isola urbana di calore è un’anomalia termica che interessa quei territori particolarmente edificati, come le nostre città, dove si manifestano temperature molto più elevate rispetto alle aree rurali circostanti. Nelle isole di calore, l’incremento di temperatura è più evidente di notte che di giorno, con una differenza di temperatura tra area urbana e suburbana che può variare, di giorno tra +1°C e +3°C, mentre di notte può raggiungere valori che vanno da +7 a +12°C. Questa differenza di temperatura è molto più marcata nelle grandi metropoli, che impiegano in modo estensivo materiali da costruzione che trattengono il calore. La diffusa cementificazione, la prevalenza delle superfici asfaltate sulle aree verdi, l’uso di materiali edilizi con bassa capacità di dispersione termica sono tra le principali cause della formazione delle isole di calore urbane, anche nella città di Napoli. Il report del CMCC, “I cambiamenti climatici in Italia”, ha evidenziato come tutte le aree costiere italiane saranno caratterizzate da un aumento delle temperature medie, e la costa partenopea non ne sarà immune. Se prendiamo in esame l’arco temporale 2021-2050, rispetto al periodo di riferimento 1981-2010, l’aumento delle temperature medie equivale a +1,3°C nelle aree del Mediterraneo Centrale e Occidentale. In questo contesto si colloca la città di Napoli che, con i suoi 911222 abitanti, rappresenta l’area urbana italiana con la più alta densità di abitanti per km2: 2535 abitanti per km2.

L’alta densità abitativa e la forte cementificazione (63%) rendono il comune di Napoli particolarmente vulnerabile all’aumento delle temperature e alle ondate di calore, e più in generale, alle conseguenze derivanti dagli impatti del cambiamento climatico.

Nel territorio cittadino, l’isola di calore è direttamente legata alla densa distribuzione delle aree edificabili, alla presenza di strade strette, di piccoli parchi e profondi canyon e ad una particolare architettura urbana, che limita la libera circolazione dell’aria utile al rinfrescamento. Le analisi alla base del report hanno evidenziato con chiarezza l’eccesso termico nel centro storico di Napoli, soprattutto nell’area di San Marcellino, rispetto ad un’area più vicina al mare, come l’area di Bacoli, proprio a causa delle caratteristiche dell’abitato. La variabilità climatica storica, che si basa su indicatori di temperatura massima e minima registrati dalla stazione meteorologica di Capodichino, rispetto ai periodi di riferimento storici del 1971-2001, evidenzia come sia altamente probabile che eventi di ondate di calore simili a quelli registrati negli ultimi anni, 36°C per 6 giorni consecutivi, aumenteranno di frequenza e intensità nei prossimi trent’anni, fino ad arrivare ad oltre 9 giorni consecutivi con temperature superiori ai 38°C. L’incremento nel numero delle ondate di calore si traduce anche in un marcato aumento del discomfort termico per la popolazione della città di Napoli e che comporta, di conseguenza, un maggior numero di ospedalizzazioni nei periodi estivi, così come un maggior numero atteso di mortalità giornaliera per stress da calore.

di Valerio Orfeo

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