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La dimensione psicologica dell’infertilità

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Dottore-consultazioneROMA – Sempre più persone, oggi, sono costrette a confrontarsi con la sterilità. Fattori ambientali, ereditari, e condizioni patologiche, rappresentano le più diffuse concause dell’incapacità di generare. C’è, però, una zona d’ombra temuta, a volte impercettibile, spesso non riconosciuta, che segna l’esistenza di una diversa dimensione: quella psicologica. Quando nonostante referti medici e test che confermano l’assenza di danni fisici, e problemi organici, la psiche, diventa un territorio obbligato da scandagliare, in un percorso fatto di pensieri preesistenti, desideri latenti, di problematiche inconsce riguardanti la sessualità, e il suo peso immaginario.  Da qui, la necessità di presupporre nuove e differenti interpretazioni alla sterilità: un lutto, un trauma non elaborato, che porta ad un involontario rifiuto del corpo a far nascere un bambino che verrebbe a prendere il posto della persona che è venuta a mancare; un’ identificazione con il fantasma inconscio di una madre distruttiva che ha come conseguenza l’idea tormentata di diventare madri disfunzionali come la propria; una scarsa autonomizzazione dalla figura materna ed una successiva difficoltà di separazione e identificazione, che nega la possibilità di essere altro ( viceversa per l’uomo e la figura paterna); un’incapacità di riorganizzare la costellazione intra-familiare e intra-generazionale; un cattivo rapporto di medicalizzazione, possono diventare limiti del progetto genitoriale e generativo. L’equilibrio, è da ricercare in percorsi d’aiuto psicoterapeutici, finalizzati all’adattamento dei soggetti alla diagnosi e all’utilizzo di specifiche tecniche di aiuto psicosessuale, individuale o di gruppo.
LA COPPIA: L’ASPETTO DINAMICO-RELAZIONALE- «La coppia- dichiara Emilio Miranda, psicoterapeuta dell’I.P.R., Istituto di Psicoterapia Relazionale di Napoli- è un sistema complesso di azioni ed interazioni, di vissuti personali e di storie familiari reciproche che si intersecano e congiungono due persone a formare un’entità terza, la coppia per l’appunto. In un rapporto così determinante non si possono isolare specifiche problematiche affidandone la responsabilità ora ad un componente, ora all’altro. Si deve considerare l’entità coppia come viva e a se stante, con regole e dinamiche proprie. Nel concepimento entrambi i partner, si donano interamente per la formazione della propria famiglia, l’entità terza si concretizza in un vero essere vivente. Tutto si trasforma radicalmente con l’accoglienza di un figlio, si modifica strutturalmente e definitivamente. In una situazione così delicata e carica di significati, possono insorgere casi di infertilità, e dove non sussistono tangibili disfunzioni organiche o fisiologiche l’errore più comune è di cercare in uno solo dei due elementi la radice di un problema che invece potrebbe risiedere solo nella coppia. Un figlio ha bisogno di uno spazio per essere concepito e di un tempo per essere pensato. Dove non sussistono spazio e tempo a sufficienza, il corpo della coppia, può indurre tutte le difficoltà del caso per impedire un concepimento. E’ necessario trovare uno spazio adeguato ed un tempo necessario all’interno del sistema coppia, senza rincorrere a soluzioni magiche o colpevolizzazioni che produrranno solo frustrazione e ulteriore sofferenza. La soluzione, è una vera e propria ricerca del sé di coppia».

di Carmela Cassese

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