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Granchi vivi a “MasterChef”, la diffida dell’Enpa

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foto MASTERCHEFROMA. E’ il talent show di cucina più famoso al mondo, da poco e’ sbarcato in Italia sulla rete televisiva Cielo dove è molto seguito grazie alla conduzione di giudici d’eccezione come i cuochi Bruno Barbieri, Carlo Cracco e il ristoratore Joe Bastianich, in passato giudice in MasterChef Usa.
I FATTI. Proprio le immagini del programma statunitense, però, hanno suscitato l’indignazione degli amanti degli animali, vegetariani nonché della Protezione Animali che ha diffidato il canale televisivo Cielo per avere trasmesso in Italia una puntata di MasterChef Usa, nel corso della quale alcuni granchi venivano utilizzati come ingredienti delle ricette preparate dai concorrenti e bolliti vivi. In particolare, l’Enpa ha chiesto al canale televisivo di rettificare quanto mandato in onda poiché la puntata di Masterchef Usa potrebbe indurre i telespettatori a ritenere tale prassi corretta. «Bollire vivo un animale – spiega l’Enpa – è una terribile e inutile forma di incrudelimento che può configurare il reato di maltrattamento. Reato che, lo ricordiamo, è punito dal nostro codice penale.
LE OPINIONI. Numerose evidenze scientifiche, una tra tutte pubblicate sul Journal of Experimental Biology, dimostrano come questi animali non solo percepiscano il dolore, ma ne mantengano il ricordo. Stessa evidenza chiarita dal Biologo Robert Elwood che con una pubblicazione apparsa sul “New Scientist” dimostra come i crostacei imparano cosa sia il dolore e ne hanno memoria e per questo evitano nel futuro le esperienze che li hanno condotti a provare questo stato». «Ci riserviamo, inoltre, di conoscere quali siano state le condizioni di mantenimento degli animali – aggiunge la Protezione Animali -. Infatti, anche nel caso in cui gli animali fossero stati conservati sul ghiaccio o nelle buste adagiate su di esso ciò configura un’ulteriore forma di maltrattamento poiché, come evidenziato dal centro di referenza nazionale per il benessere animale, grazie ad un dettagliato parere del dottor Paolo Candotti, tale modalità di mantenimento o di stoccaggio è da considerarsi una forma di atroce maltrattamento».

di Mirella D’Ambrosio

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