Accelerare sulle pratiche per la sanatoria e consentire ad oltre 33.000 stranieri presenti in Campania, 19.000 solo a Napoli, di poter ottenere finalmente ottenere il permesso di soggiorno per ottenere tutele lavorative e sanitarie. È la richiesta inoltrata ieri alla Prefettura di Napoli nel corso di un incontro, preceduto da un presidio in piazza del Plebiscito, dalle varie comunità di cittadini provenienti da diverse aree del mondo – dall’Africa subsahariana a quella del Nord, dal Bangladesh al Sudamerica e maggiormente presenti sul territorio. A supportarli nell’iniziativa, con lo slogan coniato “Non possiamo più aspettare, permesso di soggiorno subito’’ gridato in piazza dai circa 100 partecipanti al sit-in, associazioni di Terzo Settore, sindacati, movimenti, 28 realtà in tutto in rete fra loro, che si occupano della tutela di chi è giunto in Italia per costruirsi un avvenire lavorativo e familiare.

Il flop sanatoria e l’appello alla Prefettura – La sanatoria è quella relativa al Dl 34/2020 che fu approvata nell’agosto 2020 per volontà dell’allora ministro per l’Agricoltura Teresa Bellanova del governo Conte II che dava la possibilità ai lavoratori sia stranieri che italiani impegnati come lavoratori agricoli, colf e badanti di regolarizzare i rapporti di lavoro con i datori (e per gli stranieri stessi di ottenere una deroga semestrale dopo la scadenza dei termini del permesso di soggiorno per continuare a lavorare). Ma tante Prefetture d’Italia, secondo i 28 firmatari dell’appello tra associazioni e sindacati di Napoli e Campania, sono in ritardo nel vagliare le pratiche. «Nonostante questa sanatoria sia stata un grosso flop, siamo la prima regione per numero di domande fatte con la presentazione di f24 e il pagamento di quote forfettarie da parte di chi voleva soddisfare questa volontà. Allungare i tempi in quei settori in cui c’è tanto lavoro nero significa fornire un’arma in più ai datori di lavoro. Con il nostro sportello abbiamo constatato come ci siano datori di lavoro di minacciano di non pagare i braccianti o i badanti fin quando non avranno risposte sulla sanatoria. C’è gente che non è potuta tornare nei propri Paesi di origine a salutare i propri cari perché poi rientrare in Italia sarebbe stato complicato. E anche la tenuta psicologica di tante persone è messa a dura prova». A dirlo è la vicepresidente di Hamef Aps Marilena Passaretti che insieme a sindacati e una delegazione delle associazioni ha poi consegnato all’Ufficio governativo territoriale un documento con alcuni punti giudicati imprescindibili rispetto alla questione sanatoria. Tra questi: sapere quale sarà la modalità di gestione delle convocazioni, appena partite, facendo chiarezza sui numeri sull’espletazione delle domande su scala almeno settimanale; la predisposizione di un documento di idoneità alloggiativa per gli stranieri, altro requisito richiesto ma difficile da soddisfare senza una regolarizzazione; confronto diretto con le Prefetture attraverso tavoli territoriali a cui far partecipare le associazioni che operano a tutela degli stranieri. Ibrahim Coulibaly, presidente dell’associazione Mandè che supporta i cittadini provenienti dai paesi dell’Africa subsahariana, dal Malì piuttosto che dalla Costa D’Avorio, Liberia, solo per citare alcuni esempi, conferma: «Sono migliaia e migliaia le persone che in questi 9 mesi hanno fatto la domanda per la sanatoria ma ne sono state accettate sino ad ora pochissime. Lo Stato ci guadagna con i sacrifici di tante persone umiliate nella propria dignità. Con l’associazione Mandè abbiamo intercettato tanti cittadini ammalatisi di Covid che non hanno ricevuto cure perché invisibili in quanto senza permesso di soggiorno». Jomahe Solis della cooperativa sociale Casba e Pilar Saavedra, presidente di Corazon Latino, rappresentano la folta comunità latinoamericana (e non solo) altrettanto in difficoltà come altri cittadini stranieri di stanza a Napoli e in Campania soprattutto in questo periodo di pandemia. «Credevamo che la sanatoria potesse essere l’occasione di regolarizzare la posizione di persone del Sudamerica che vivono qui da decenni, a partire da quelli del Perù e dell’Ecuador». In realtà, aggiungono, «siamo in grave in ritardo e la Prefettura sta peraltro chiedendo il certificato di idoneità abitativa che nemmeno agli italiani che abitano nei “bassi’’ posseggono. Con il Covid in tanti non hanno più lavorato e sono stati costretti a vivere in contiguità in stanze piccole e senza sufficiente ricambio d’aria. Se si ammalano uno si ammalano tutti e senza regolarizzazione non possono nemmeno avere il vaccino».

L’appello dei sindacati – Cinzia Massa della Cgil, Melicia Comberati della Cisl e Camilla Iovino della Uil, delegate all’immigrazioni delle rispettive sigle sindacali, in una dichiarazione congiunta affermano: Migliaia di persone «nonostante abbiano presentato la documentazione, pagato l’F24, il forfettario non hanno ricevuto nessun permesso. nessun diritto. Tutto questo è indignitoso ed ingiusto».

Le testimonianze – L’amarezza dei tanti stranieri in terra napoletana e campana per una situazione di limbo è tanta. Tra questi c’è Assan Mahmoud, cittadino del Bangladesh che con almeno 5000 connazionali a Napoli attende di ricevere risposta sulla pratica di sanatoria. «Noi aspettiamo sempre, lavoriamo, paghiamo i contributi e vogliamo essere considerati uomini. A Napoli non fanno niente per rispondere alla mia richiesta. Io sono qui da più di dieci anni e senza sanatoria non posso ricevere il vaccino. Conosco tanti amici che si sono ammalati e non sanno come curarsi perché non hanno il permesso di soggiorno e senza quello non possono avere un lavoro normale, in un albergo o in un ristorante e nemmeno avere i documenti». Hedi Tebbessi, 35 anni, proviene dalla Tunisia da dove è arrivato nel gennaio 2020. Vive a Castellammare di Stabia e ha richiesto la regolarizzazione per lavorare come badante. «Dopo la domanda di sanatoria è iniziata la sofferenza. Dopo aver atteso la pratica dalla Questura ancora attendo quello dell’Ispettorato del Lavoro. Il non poter affittare casa autonomamente o aprire un conto corrente è una tortura. Se avessi saputo di tutte queste difficoltà non avrei mai fatto domanda della sanatoria, avrei lasciato l’Italia per andare o in un altro Paese Europeo o tornare in Tunisia». 

di Antonio Sabbatino