Il contesto emergenziale, per contenere il rischio di contagio epidemiologico causato dal Covid, ha imposto nuove forme organizzate di socialità e gioco per bambini e adolescenti.  Molti dei percorsi operativi rivolti ai minori ed agli adolescenti sono stati realizzati, infatti,  attraverso la modalità remota per  garantire in presenza il giusto distanziamento negli spazi individuati.

Nella nuove ipotesi progettuali si è ricercato il giusto bilanciamento tra il diritto alla socialità, al gioco e in generale all’educazione dei bambini e degli adolescenti e la necessità di garantire condizioni di tutela della loro salute, nonché di quella delle famiglie e del personale educativo impegnato nello svolgimento delle diverse iniziative.

Nello strutturare i percorsi educativi è stata riconosciuta estrema importanza alla centratura sulla qualità della relazione interpersonale ed alle problematiche inerenti la conciliazione delle dimensioni di cura e lavoro da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale.

La modalità in remoto, non auspicabile nella gestione ordinaria di processi educativi dove è alto il rischio di emarginare coloro che hanno più bisogno del contatto diretto interpersonale per attivarsi e motivarsi alla partecipazione, in tempo di pandemia ,  nel quale tali contatti diretti interpersonali sono stati eliminati se non annullati,  paradossalmente è diventata una risorsa indispensabile per garantire la continuità a processi relazionali già in atto, altrimenti rischierebbero di interrompersi bruscamente, e per dare occasioni di incontro, benché virtuali, che altrimenti sarebbero completamente negate.   Sono state offerte occasioni di incontro, benché virtuali, che altrimenti sarebbero completamente negate.

L’utilizzo della tecnologia è stata indispensabile per consentire la continuità di proposte progettuali impossibili da realizzarsi “in presenza”, data la costante precarietà che non ha  consentito di programmare con sistematicità ed incisività le attività de visu.

Gli educatori, con spirito di paziente costruzione e mantenimento dei legami, hanno dato vita ad un“incubatore di relazioni” per non lasciare soli ragazzi e bambini profondamente danneggiati dal primo lock-down e per i quali l’attenzione relazionale deve essere massima.

Trascorso il periodo di emergenza, si è stati costretti a fare i conti, però, con i danni prodotti dall’assenza di socializzazione, di relazioni autentiche.

Le imposte restrizioni si sono rivelate  del tutto in contrasto con le spinte naturali di questa fase del ciclo di vita in cui la persona è fortemente coinvolta nell’esplorazione nei confronti dell’esterno, nella ricerca di autonomia e di nuove esperienze, nella costruzione di relazioni significative al di fuori della propria famiglia di origine, nell’attribuzione di importanza a valori quali l’apertura al cambiamento, nell’esplorazione di progetti per il futuro e non da ultimo nella costruzione di una rinnovata consapevolezza della propria identità corporea.

L’isolamento sociale ha costituito un fattore negativo per il loro sviluppo e per il consolidamento delle loro relazioni familiari, amicali e sociali.

Alla luce di quanto detto, mai come in questo periodo si scorge l’urgenza di promuovere esperienze educative in luoghi informali, incentivare l’opportunità di sperimentarsi nel gruppo , valorizzare le dinamiche relazionali all’interno del sistema familiare, scolastico, con l’appoggio delle agenzie del territorio e con le risorse della comunità.

di Maria Rosaria Ciotola

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