Il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite, ha presentato alcuni giorni fa l’ultimo complesso report 2023 sulla crisi climatica. Un vero e proprio “manuale di sopravvivenza”, secondo Greenpeace. In questi anni, il volume della letteratura scientifica sul tema dei cambiamenti climatici ha avuto, e ha ancora, una crescita esponenziale, raddoppiando ogni cinque anni. Ciò ha determinato una migliore conoscenza delle cause e delle conseguenze del cambiamento climatico, nonché delle strategie mitigatrici da attuare. Figlio, come i precedenti cinque, delle migliaia di pubblicazioni scientifiche in materia di cambiamento climatico è anche l’ultimo report IPCC, che descrive una situazione critica per il Pianeta: è troppo tardi per scongiurare il cambiamento climatico, ma non altrettanto per mitigarne gli effetti; bisogna agire ora per limitare l’aumento delle temperature medie o sarà troppo tardi. Nel decennio 2011 – 2020, la temperatura superficiale media globale è aumentata di 1,1°C rispetto al periodo 1850 – 1900, un’incremento all’apparenza infinitesimale, ma che ha già provocato il turbamento di armonici e delicati equilibri naturali che permettono la vita dell’ecosistema come noi lo conosciamo. L’importanza di mantenere la temperatura media globale al di sotto di +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali si può intuire dai danni sostanziali e dalle perdite irreversibili che alcuni sistemi terrestri, d’acqua dolce, costieri e oceanici, hanno già subito. Al di sopra di +1,5°C, molti ecosistemi e popolazioni non potranno più essere in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici, andando incontro a inevitabile estinzione.

Secondo l’IPCC, gli impegni presi nell’ambito dell’accordo di Parigi non sono sufficienti a livello globale. Secondo quanto si può leggere nel rapporto, è necessario correggere le nostre traiettorie emissive e raggiungere il picco delle emissioni entro il 2025, e dimezzarle entro il 2030. Maggiori saranno le entità e la durata del superamento della soglia di +1,5°C, più gli ecosistemi e le popolazioni saranno esposte a rischi sempre maggiori e più diffusi. Più la temperatura aumenta, più il danno sarà irreversibile. Secondo il report dell’IPCC 2023, la scomparsa dei ghiacciai alpini è una triste notizia da mettere in conto in un prossimo futuro, se non si attuano delle politiche radicali per azzerare le emissioni globali. Nel migliore scenario possibile, alla fine del secolo, di tutti i ghiacciai alpini, ne potrebbero rimanere solamente il 30%. Questo mette a rischio l’intera produzione agricola e più in generale il benessere degli ecosistemi della pianura padana, tanto dipendente dall’acqua dei vicini ghiacciai.

Nonostante i continui appelli della comunità scientifica, ancora oggi, le emissioni climalteranti sono in crescita esponenziale. Oggi la temperatura media globale ha raggiunto quota +1,15°C. Secondo i modelli previsionali, la soglia di 1,5°C, sembra già fuori dalla nostra portata. Il nuovo obbiettivo su cui si sta lavorando è mantenere l’aumento delle temperature globali entro i 2°C e mitigare, così, l’impatto della crisi climatica prima del punto di non ritorno. Se si vuole rimanere entro i 2°C, le emissioni di gas serra dovranno diminuire del 21% entro il 2030 e di circa il 35% entro il 2035. La finestra di opportunità si restringe sempre più rapidamente con il passare del tempo, più si attende più sarà difficile e oneroso, sia in termini economici che in termini di rinunce collettive e personali, intraprendere la strada che porta alla salvezza del Pianeta. Nel report si ritiene necessario un aumento degli investimenti di 3-6 volte rispetto a quelli fatti finora, considerando anche che i benefici di una, se pur tardiva, azione preventiva sono maggiori dei costi legati ad azioni ritardate. Il report afferma chiaramente che l’azione è necessaria e richiesta a tutti i livelli, e che ognuno di noi può fare la differenza. Per non mancare anche questo ennesimo obiettivo, è necessario che tutte le opzioni siano attuate al massimo delle loro capacità. Infatti non tutto è perduto, il rapporto dell’IPCC presenta un’ampia gamma di soluzioni, sia all’interno di settori specifici che a livello intersettoriale, con sinergie che possono dare benefici promettenti. Il progresso tecnologico, se razionalmente applicato ai settori produttivi, può rappresentare la concreta speranza di arrivare all’obbiettivo “emissioni zero” entro il 2050, o prima possibile. La speranza del cambiamento passa dalle scelte personali di ogni individuo sulla Terra e dalla pressione che i popoli riservano alle rappresentanze politiche dei propri stati. La principale causa del mancato raggiungimento degli obbiettivi climatici precedenti, secondo l’IPCC, deriva proprio dalla scarsa attenzione da parte dei comuni cittadini, che si ripercuote sulla poca rilevanza che la politica sta dando alla crisi climatica. Un’insufficiente informazione che si traduce in una ancor meno sufficiente cultura ambientale.

L’area mediterranea, che già risente degli effetti dei cambiamenti climatici, vede, anch’essa, un aumento progressivo delle temperature medie, che in estate, sempre più frequentemente, supereranno il 50% delle temperature medie globali. Come già evidente quest’anno, aumenteranno i fenomeni siccitosi, derivanti dalla scarsità di precipitazioni e dall’aumento della traspirazione del terreno che rilascia umidità nell’atmosfera. In generale per l’Europa, l’IPCC identifica quattro categorie di rischi chiave, ovvero i rischi causati da ondate di calore, che interessano popolazioni, ecosistemi terrestri e marini, che ne causano la riduzione degli habitat, la perdita di biodiversità e il rischio per la salute di uomini e animali. Rischi per la produzione agricola a causa di una combinazione di caldo e siccità. Rischi di scarsità di risorse idriche. Rischi prodotti da maggiore frequenza e intensità di inondazioni costiere, fluviali e pluviali. L’area del Mediterraneo oltre modo soffre di alcune peculiari vulnerabilità, come una popolazione urbana numerosa, in crescita ed esposta alle ondate di calore, un numero elevato e crescente di insediamenti esposti al rischio dell’innalzamento del livello del mare, e la crescente domanda di acqua da parte dell’agricoltura per l’irrigazione e l’allevamento e, infine, l’elevata dipendenza economica che ha dal turismo, a rischio per l’aumento delle temperature e per l’attuazione di politiche internazionali di riduzione delle emissioni di viaggi aerei e crociere. Ad un aumento di 3°C delle temperature medie, in Europa coinciderà l’estinzione del 50% degli insetti e delle piante, che non avranno più le condizioni necessarie per sopravvivere. Secondo il report dell’IPCC 2023, la scomparsa dei ghiacciai alpini è una triste notizia da mettere in conto in un prossimo futuro, se non si attuano delle politiche radicali per azzerare le emissioni globali. Nel migliore scenario possibile, alla fine del secolo, di tutti i ghiacciai alpini, ne potrebbero rimanere solamente il 30%. Questo mette a rischio l’intera produzione agricola e più in generale il benessere degli ecosistemi della pianura padana, tanto dipendente dall’acqua dei vicini ghiacciai.

di Valerio Orfeo

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