Laboratori all’aperto, in piazza nella fattispecie, di educazione ambientale piuttosto che di disegno, di lettura, scrittura creativa. Un melting pot didattico che lancia un segnale preciso: per gli studenti resta fondamentale l’interazione dal vivo, da perpetuarsi anche vivendo spazi diversi da quelli delle tradizionali mura scolastiche dato che la pandemia ha reso non più praticabile ospitare nelle stesse classi a volte anche 30 studenti e più. La Rete Scuola e bambini nell’emergenza Covid-19, formata da docenti, anzitutto precari, personale Ata e genitori si ritrova in piazza Dante per ribadire la propria contrarietà nell’affidarsi alla sola forma di didattica online, che prepotentemente si affaccia sul futuro della scuola a causa di cambiamenti di abitudini portati dal Coronavirus. Diversi i risvolti negativi che appaiono all’orizzonte delle lezioni via web. Primo, il filtro di un pc spesso depotenzia la capacità degli alunni di apprendere e affossa la loro capacità di stimolare la curiosità. Secondo, come dimostrato in questi mesi di pandemia, non tutti i ragazzi hanno avuto la possibilità di studiare perché le loro famiglie non potevano permettersi un pc, un I-pad o altre oggetti tecnologici adatti. «E se si continua di questo passo, le diseguaglianze tra i ragazzi aumenteranno ancora» denuncia Alessandra che con sua figlia di 10 anni si diverte in piazza Dante al laboratorio di disegno. La donna parla anche delle conseguenze per la sua bambina di 3 mesi di didattica online. «Mia figlia spesso è apparsa annoiata durante questo periodo di didattica online e di notte ora digrigna i denti per il nervosismo, non l’aveva mai fatto prima». Ecco perché, si dice convinta Barbara Pierro di Chi Rom e Chi No di Scampia, che ripropone all’ombra della statua del sommo poeta la pittura Dripping ispirato dell’artista Jackson Pollock, «la città di Napoli va ripensata come un unico spazio di mobilità, con una fruizione spontanea. La didattica è pedagogica, l’interazione è necessaria». Alessandro, anche lui in piazza Dante, ha 3 figli, un maschio di 13 anni e due bimbe di 10 e 8 anni. «Per mio figlio più grande il problema è stato essenzialmente quello dell’apprendimento delle materie, per le più piccole quello della perdita di socialità». Roberta Moscarelli della Rete Scuola Bambini chiede «al Ministero dell’Istruzione di rovesciare le priorità del mondo scolastico prendendosi cura dei ragazzi più fragili o che presentano disabilità. Gli studenti però devono poter uscire dalle mura scolastiche e stare insieme, non distanziati. Sono anni che chiediamo dei cambiamenti, sino ad ora mai attuati». Giovanni Bruno insegna Arti e Immagini alla scuola media Ariosto di Arzano, dice: «Zoom, Whatsapp, Skype, Weschool, le piattaforme sono troppe e a guadagnarci sono soltanto i colossi dell’informatica mentre il 25% almeno dei ragazzi non ha avuto accesso alle lezioni online. La scuola digitale non potrà mai sostituire quella tradizionale, la tecnologia deve servire ma non sostituendo il confronto dal vivo».

di Antonio Sabbatino