La sfida della salvaguardia ambientale passa attraverso la realizzazione di forme di società condivisa che mettano al centro i bisogni della collettività, riformulando i principi del normale corso economico mettendo al centro la sussidiarietà e la comunione. Dal punto di vista energetico, fattore principale di tutela e sviluppo del pianeta Terra, le Comunità Energetiche rappresentano un valido strumento teso a realizzare questo cambiamento, coinvolgendo anche il terzo settore. Ne abbiamo parlato con Mariachiara Cusano, dipendente della funzione Autoconsumo e Comunità energetiche del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), la società individuata dallo Stato italiano, per perseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale, attraverso la promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica.

Che cosa sono le comunità energetiche? “La Comunità energetica rinnovabile è un soggetto giuridico (ad esempio cooperativa, consorzio, partenariato, organizzazione senza scopo di lucro, ente del terzo settore) i cui membri o azionisti sono i clienti finali, consumatori di energia elettrica, che si associano per produrre localmente, tramite fonti rinnovabili, l’energia elettrica necessaria al proprio fabbisogno, “condividendola”. Questi sono anche chiamati “autoconsumatori”. La partecipazione alla Comunità è aperta e volontaria e ha come oggetto sociale prevalente quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai propri azionisti o ai propri membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari”.

Qual è l’iter necessario a realizzarle? “Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) è la società dello Stato incaricata di definire le regole e le modalità operative per presentare la richiesta di accesso ai servizi e agli incentivi previsti per le Comunità di energia rinnovabile. A tal fine a fine dicembre 2020 il GSE ha pubblicato le Regole Tecniche per l’accesso agli incentivi dove è possibile trovare tutte le informazioni, i requisiti, i modelli e i metodi di calcolo dei contributi. Possono partecipare alla comunità privati cittadini, piccole e medie imprese, enti territoriali comprese le amministrazioni comunali e le autorità locali. I soggetti interessati a costituire una comunità energetica devono essere titolari di punti di connessione alla rete elettrica pubblica (POD) in bassa tensione connessi sotto la stessa cabina di trasformazione secondaria MT/BT, informazione che è possibile reperire dal proprio gestore di rete territorialmente competente. È necessario che vi siano almeno due “autoconsumatori” e un impianto di produzione da fonte rinnovabile (fotovoltaici, eolici, idroelettrici, per la produzione di biogas, etc.) per poter dar vita ad una Comunità energetica. Gli impianti di produzione devono essere entrati in esercizio dal primo marzo 2020, avere una potenza massima, riferita al singolo impianto, non superiore a 200 kW ed essere connessi sotto la stessa cabina di trasformazione secondaria MT/BT a cui sono collegati gli “autoconsumatori” “.

Quali sono i benefici che esse arrecano alla comunità? “Le Comunità di energia rinnovabile, oltre che per soddisfare autonomamente i propri fabbisogni di energia elettrica, nascono anche con l’obiettivo di salvaguardare l’accessibilità alle fonti rinnovabili per tutti e soprattutto per le famiglie a basso reddito. Uno dei vantaggi è certamente l’assenza dei costi per la realizzazione di infrastrutture elettriche di collegamento tra i consumatori, in quanto la condivisione dell’energia è “virtuale”, quindi è tutto demandato alle misure sui contatori dell’energia immessa dall’impianto di produzione e prelevata da ciascun consumatore, di fatto già presenti. La partecipazione alla Comunità energetica rinnovabile genera valore condiviso per la collettività e in particolare per gli aderenti, creando senso di appartenenza e stimolo per altre scelte sostenibili. Un consumatore di energia elettrica, come è ciascuno di noi, può avere un ruolo attivo nella transizione energetica mettendo a disposizione uno spazio per l’installazione dell’impianto, un impianto di sua proprietà o semplicemente i propri consumi. Ciascuno può davvero fare la sua parte”.

Quali sono i benefici che esse arrecano all’ambiente? “L’energia condivisa deve essere prodotta da fonti rinnovabili e certamente questo aiuta nella grande sfida che ha accolto il nostro Paese in merito agli obiettivi di decarbonizzazione e riduzione degli impatti ambientali entro il 2030. Oltretutto spesso gli impianti vengono realizzati su tetti e questo comporta un minore sfruttamento del territorio rispetto ad altre forme di produzione di energia da fonti rinnovabili. Avvicinando poi la produzione al consumo si riducono anche le perdite e quindi si fa efficienza”.

Perché è conveniente per un nucleo familiare farne parte? “I vantaggi per chi decide di aderire ad una comunità energetica rinnovabile possono essere diversi, a seconda del ruolo che si svolge (produttore/consumatore o produttore e consumatore) e degli accordi definiti con la comunità, in merito alla ripartizione dei benefici derivanti dalla valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica prodotta. Il GSE premia l’energia elettrica condivisa per 20 anni con una tariffa premio fissa di 110/MWh e un corrispettivo variabile a rimborso (legato alle componenti delle tariffe di trasmissione e distribuzione) di altri circa 8/MWh (per il 2020). Infine è sempre possibile valorizzare l’energia immessa in rete richiedendone al GSE il ritiro alle condizioni del Ritiro Dedicato o vendendola sul libero mercato (ricavandone oggi circa 50-60/MWh). Anche i condomini possono accedere all’autoconsumo collettivo, sfruttando l’altra configurazione prevista dalla normativa che è quella dei Gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente, dove ad esempio un impianto fotovoltaico sul tetto del condominio, oltre ad essere connesso alle utenze comuni dello stabile (ascensore, luci scale, luci esterne, zona lavanderia condominiale, etc.), può “condividere” l’energia in esubero con i singoli condomini”.

Quanto è diffusa la pratica in Italia? In Italia, benché siamo ancora in una fase sperimentale sono già pervenute al GSE delle richieste di accesso al servizio e molte sono le iniziative in fase di sviluppo con cui siamo venuti in contatto nell’ambito degli incontri organizzati con le Regioni e i Comuni. Sono soprattutto iniziative che vedono come promotori o membri delle Comunità i Comuni. Le Comunità Energetiche possono, infatti, rappresentare un valido strumento per perseguire la sostenibilità ambientale a livello locale e aumentare l’accettabilità sui territori di nuovi impianti a fonti rinnovabili, favorendo al contempo lo sviluppo di competenze tecniche e professionali nel territorio con importanti ricadute economiche e sociali. La misura prevista nel PNRR (circa 2,2 miliardi di euro per la realizzazione di Comunità energetiche nei comuni fino a 5.000 abitanti) favorirà certamente il loro sviluppo. Compito del GSE è, comunque, anche quello di “condividere le proprie energie” mettendo a disposizione di ciascun soggetto interessato le proprie competenze con l’obiettivo di facilitare la nascita di nuove iniziative. A tal fine il GSE offre servizi di assistenza e supporto agli operatori interessati, cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, attraverso giornate di formazione sui meccanismi di incentivazione, l’affiancamento alle Pubbliche Amministrazioni nella fase di Pianificazione delle attività e il supporto ai Comuni nell’individuazione di servizi per la sostenibilità da offrire ai propri cittadini (Sportelli Energia per i cittadini, Formazione per i ragazzi, Economia circolare).

di Cristiano Faranna