«Questa pandemia è prima di tutto una tragedia umana e sanitaria planetaria che sta segnando senz’altro una frattura relazionale. I nostri giovani e, in particolare, i ragazzi tra gli 12 e i 17 anni stanno vivendo, senza alcuna colpa, la negazione del proprio sacrosanto diritto all’incontro e alla relazione con l’altro. Al termine di questa tragedia, noi ci troveremo con giovani diciottenni che sono stati privati, in tutto o in parte, di un pezzo fondamentale del loro processo di crescita, quello non surrogabile ‘a distanza’: il contatto anche fisico e la possibilità di misurarsi con l’altro. Non è affatto strano, quindi, che in tale situazione di privazione i dati ci parlino di un’onda lunga di problemi psicologici che riguardano in particolare quella fascia di età». Lo ha affermato, come riportato da agensir,  Luciano Squillaci, presidente della Fict, durante la sessione sul tema “Minori, dipendenze e disagio psichico”, nell’ambito del XXII convegno organizzato dall’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei.


«L’équipe di Stefano Vicari (Ospedale Bambino Gesù, ndr) ci testimonia quotidianamente di come siano drammaticamente in aumento i casi di autolesionismo e i tentativi di suicidio tra gli adolescenti. E, ovviamente – ha sottolineato Squillaci -, quando il disagio aumenta, parallelamente aumentano le dipendenze e i comportamenti da consumo a rischio, abuso di psicofarmaci e di alcol, soprattutto nelle fasce di età più giovani. I giovani hanno scoperto sempre più i nuovi mercati on line e sono divenuti esperti navigatori nel dark web. La rete stessa è divenuta, soprattutto nel periodo di massima chiusura, un surrogato del gruppo di pari, generando ulteriori dipendenze da tecnologia, smartphone e social. La pandemia ha quindi acuito una problematica che era comunque già fortemente presente tra i nostri ragazzi».


Il presidente della Fict, si legge ancora su agensir- ha evidenziato: «I dati ‘ufficiali’ della Relazione al Parlamento, relativi al consumo di sostanze illegali da parte dei giovani in età scolare tra i 15 e i 19 anni, ci parlano di 1 ragazzo su 3 che dichiara di aver usato almeno una volta sostanze illegali. E purtroppo la rete dei nostri servizi ci racconta di numeri ancora più grandi. Riceviamo quotidianamente, nei nostri centri di ascolto, famiglie che ci chiedono aiuto per i propri figli, bambini di 12/13 anni che scoprono di avere problemi di dipendenza. Nei centri di aggregazione, nei servizi di prevenzione nelle scuole e nei territori, noi raggiungiamo circa 35.000 minori ogni anno ed intercettiamo diverse migliaia di casi che fanno uso strutturale di sostanze”. Peraltro “il male di vivere dei nostri giovani, acuito in tempo di Covid, è certificato dalla stessa Oms che documenta una chiara correlazione tra salute mentale e dipendenze».