Come stanno rispondendo le scuole della Campania all’inclusione dei bimbi con disabilità e bisogni speciali in tempo di pandemia? Il monitoraggio, sottoforma di sondaggio, è stato avviato dal Coordinamento Scuole Aperte Campania e riguarda anche gli istituti scolastici di Napoli e provincia. Un problema complesso per le famiglie, quello della frequenza scolastica (concessa) per i bimbi speciali: molte scuole, la maggioranza, non si sono attrezzate per consentire la didattica in presenza o hanno predisposto progetti che vedono i piccoli in classe da soli, per pochissime ore e non in gruppi misti, come invece previsto dalla circolare del 12 marzo del ministero dell’Istruzione. Circolare che prevede  «laddove per il singolo caso ricorrano le condizioni» che le scuole non si limitino a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti con disabilità e altri bisogni educativi speciali ma, «al fine di rendere effettivo il principio di inclusione», ma valutino di «coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe –secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti Bes possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente».

Alessandra Brandi, madre single di un bimbo speciale e responsabile per l’inclusione all’interno del Coordinamento Scuole Aperte Campania, vive sulla propria pelle gli ostacoli di questa situazione. «Questo sondaggio – spiega – nasce per monitorare cosa sta accadendo nella nostra Regione, alla luce del fatto che tante famiglie hanno direttamente rinunciato a mandare i loro bambini con disabilità o bisogni speciali a scuola per evitare che siano soli in aula». Una situazione che, invece di essere un ‘vantaggio’ per i piccoli e i loro genitori, rischia di trasformarsi in un boomerang educativo: «Basti immaginare un bambino autistico che con grande fatica ha imparato a riconoscere la sua classe – spiega Alessandra – e alle conseguenze della didattica in solitudine. Un controsenso. Noi vogliamo far sentire la voce delle loro famiglie, lasciate sole».

Le scuole che si sono attrezzate, infatti, prevedono solo poche ore di didattica in presenza, con evidenti difficoltà per genitori single o che lavorano; altre hanno deciso di non avviare la didattica in presenza per i bimbi speciali, ritenendoli contrari allo stesso concetto di inclusione, o li modificano in corso d’opera. Un labirinto di decisioni spesso affidate all’autonomia decisionale dei dirigenti scolastici: «In Campania c’è grande confusione – spiega Alessandra Brandi – nonostante la recente circolare ministeriale. Inoltre manca un dialogo con le istituzioni, non c’è stata interlocuzione se non all’inizio dell’anno scolastico. E’ chiaro che con queste premesse molte famiglie rinunciano, anche a costo di enormi sacrifici, a mandare i bambini a scuola». Alessandra stessa, lavoratrice nel privato, lotta tutti i giorni con la necessità di assicurare didattica e terapie al suo bambino e di conciliarle con la propria professione: «In una situazione simile – spiega – io stessa sono costretta a cercare un’altra mansione che mi dia maggiore flessibilità. La cosa peggiore – continua – è soprattutto il fatto che non siamo più nei primi mesi della pandemia. Questo è il secondo anno di scuola che gli alunni affrontano in questo modo e per i piccoli, soprattutto quelli speciali con meno di sei anni, il danno può essere enorme».

di Bianca Bianco