I sacrifici sopportati dai cittadini durante il lockdown si trasformano in catene per i malati psichici e le loro famiglie. In Campania, l’ordinanza numero 7 del governatore Vincenzo De Luca, che impone la chiusura di parchi urbani, parchi e lungomare, incide sulla vita delle persone con disagi mentali e i loro congiunti, mutando la quotidianità in una inaccettabile prigione. Lo ribadisce l’associazione Afasp Campania (Associazione familiari amici sofferenti psichici della Campania), che ha sede a Napoli ed è impegnata dal 1983 per il diritto alla salute mentale e per i diritti di chi soffre di disagio mentale. In un documento l’Asasp si rivolge direttamente all’istituzione regionale per chiedere una deroga del provvedimento per le persone fragili. Lo spiega la vicepresidente Anna Fava, che nel dibattito su chiusure e misure anti-contagio accende i riflettori su una questione sin troppo ignorata: quella delle ripercussioni di decisioni come quella ultima della Regione Campania sulle esistenze già provate dei sofferenti psichici.

«Con il nostro intervento – spiega Anna Fava – vogliamo sottolineare soprattutto la scarsa attenzione istituzionale verso le persone con disagio mentale che durante la pandemia hanno già subito ripercussioni. Pensiamo alle restrizioni, alla sospensione, alla riduzione di servizi e attività terapeutiche. Ad esempio i centri diurni che non svolgono più allo stesso ritmo le attività di prima». Una situazione inaccettabile secondo Afasp: «Se queste sospensioni erano necessarie nella prima fase – prosegue Anna Fava –  ora non sono normali perché c’è stato tutto il tempo per riorganizzarsi, cosa che non si è fatta. Anzi, siamo punto e a capo, e questo è la spia di una carenza strutturale e di un disinteresse verso i malati psichici, considerati evidentemente malati di serie B».

L’intenzione di Afasp è di chiedere una interlocuzione diretta con la Regione Campania, in primis con il governatore De Luca, per segnalare la necessità di un cambio di passo attraverso la rimodulazione dell’ordinanza stessa. «In accordo con gli enti locali – questa la posizione dell’associazione napoletana –  si sarebbero potute e dovute prevedere per i malati psichici e per i loro accompagnatori specifiche deroghe, consentendo modalità di accesso anche contingentato e comunque in sicurezza, come pure viene fatto in altre parti d’Italia e si è realizzato in tanti comuni durante il primo lockdown. L’accesso ai parchi e ai giardini pubblici, per molte persone, anziani, adulti ragazzi, non ha solo un carattere ludico ma anche e soprattutto terapeutico, e sospendere questa possibilità di punto in bianco, significa incidere negativamente sulla loro salute, sul loro piano terapeutico, su equilibri familiari già fortemente stressati dalla condizione pandemica».

«Non dobbiamo dimenticare – conclude la vicepresidente Fava – che il disagio mentale va anche prevenuto. Lasciare i parchi aperti non è solo terapia per le persone affette da disturbi psichici ma anche valvola di sfogo per chi sta vivendo questa difficile fase. Le carenze strutturali, nel tracciamento e logistiche venute fuori in questi mesi non devono in alcun modo essere scaricate sulle persone, soprattutto su quelle fragili».

di Bianca Bianco