Presenti in tutta in Italia fino dall’età romana, i primi ebrei sono attestati in Campania dal I secolo d.C. La Sinagoga attuale in via Cappella Vecchia è testimonianza della rinascita ottocentesca della vita ebraica a Napoli, ma la presenza ebraica in questa città è ben più antica come dimostrano le numerose tracce presenti nel tessuto urbano e nella toponomastica, come racconta Ernst Munkácsi, ebreo svizzero, in un libro del 1939 “Der Jude von Neapel” (L’Ebreo di Napoli), un documento storico di enorme rilievo per tracciare la storia e la presenza degli ebrei a Napoli.

All’epoca del viaggio di Munkácsi la comunità ebraica a Napoli contava circa un migliaio di persone che si ridussero a poco più di 500 dopo il secondo conflitto mondiale, fino alle attuali 160. «Da ricerche laboriose nelle biblioteche – scrive lo svizzero – si ricava che nel X sec. nella vicinanza del monastero di San Marcellino vivessero degli ebrei e si trovasse la loro casa di preghiera, cioè tra il Rettifilo e l’Università».

«Nel sec. XII sappiamo già di tre insediamenti di ebrei. – prosegue Munkácsi – Oltre al Vicus Iudeorum essi abitavano accanto alla Chiesa S. Maria Portanova, nelle cui vicinanze un documento menziona nel 1165 una Schola Hebreorum. La piazza davanti si chiamava fino alla fine dell’epoca sveva Piazza Sinoca, che potrebbe essere l’abbreviazione di sinagoga”. Più tardi gli ebrei si trasferirono nelle vicinanze di S. Maria Portanova, in quattro vicoli denominati «Giudecca Grande, Giudecca Piccola, Vico Sinocia e Fondaco Giudeca».

Inoltre «si costituì un altro quartiere ebraico vicino alla riva del mare che venne chiamato Giudichella del Porto». Per centinaia di anni nel cuore dell’antica Napoli una numerosa comunità ebraica vive in totale armonia con la città. Nel 1541 poi, tutti gli ebrei sono costretti a lasciare il regno vi ritorneranno per pochi anni dal 1740 al 1747, ed infine e definitivamente, dal 1831 in poi. In questi anni ebrei provenienti da tutta Europa decidono di trasferirsi a Napoli per condurre le proprie attività artigianali ed economiche, numerosi membri della Comunità si affermano nei salotti letterali e artistici godendo della “belle époque” napoletana. Sono tantissime le aziende ebree che si affermano in quei tempi, tra questi produttori ottici, viticoltori, commercianti di tessuti come i Campagnano e gli Ascarelli, da cui fu fondata nel 1926 la Società Calcio Napoli.

Con la promulgazione nel 1938 delle Leggi Razziali per gli ebrei napoletani diventa impossibile rimanere in Campania e comincia una lunga ed estenuante migrazione. Nel 1943 anche grazie all’insurrezione delle Quattro Giornate di Napoli la città non è toccata dai rastrellamenti ebrei e dalle deportazioni programmate, ma 40 di loro vengono catturati altrove e deportati.

Il cultore della Shoah, Nico Pirozzi, in alcuni dei suoi libri, ricorda i morti nei campi di sterminio: dal più vecchio Riccardo Salomoni (Birkenau), alla più piccola, Luciana Pacifici. 19 uomini, 16 donne, 3 bambini provenienti da una comunità caratterizzata da un’ininterrotta tranquillità ed una pacifica integrazione, cresciuti in quartieri popolari come Forcella.

di Caterina Piscitelli