Si è celebrata lo scorso 10 ottobre la Giornata Mondiale della Salute Mentale, istituita 28 anni fa dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità.

Questa simbolica ricorrenza nasce con l’obiettivo principale di sensibilizzare l’intera popolazione sui disturbi mentali nel tentativo, ancora urgente e necessario, di sradicare lo stigma sociale e i tabù che investono i pazienti e le loro famiglie.

Quest’anno la pandemia e il lockdown generalizzato hanno svelato ancora una volta la complessiva insufficienza e la profonda inadeguatezza del Sistema Sanitario Nazionale, nella gestione di pazienti affetti da disturbi psichiatrici.

Ed è forse proprio dalla necessità di mantenere accesi i riflettori su una fetta importante della nostra popolazione (circa 900.000 quelli presi in carico dal SSN) che è nato l’appello della cooperativa napoletana “Lazzarelle”, per intitolare una strada ad Antonia Bernardini  – come si legge nell’appello – “vittima di violenza psichiatrica”.

Antonia Bernardini muore 45 anni fa nel manicomio giudiziario di Pozzuoli, a causa delle ustioni riportate, a seguito dell’incendio del letto di contenzione sul quale era legata da 43 giorni.

La vicenda di Antonia, dettagliatamente ricostruita nel libro “Storia di Antonia. Viaggio al termine di un manicomio” grazie al lavoro di due ricercatori indipendenti,  Antonio Esposito e Dario Stefano Dell’Aquila, potrebbe così diventare un simbolo, oltre che di necessaria memoria, anche e soprattutto di lotta e resistenza, contro le pratiche disumane dell’intervento psichiatrico che nulla hanno a che vedere con il concetto di cura.

Non è bastato, infatti, il superamento dei manicomi a determinare l’abbandono di quella violenta pratica: la contenzione. E non bisogna necessariamente risalire troppo in là nel tempo per scovare altre vittime di questa barbarie. Elena Casetto, Francesco Mastrogiovanni e Andrea Soldi, sono solo alcune delle vittime dei giorni nostri. Vittime di distorsioni normative, incompetenza generalizzata, abuso di potere e disumanità.

«Non esiste alcun monumento, strada, spazio pubblico dedicato ad una vittima della violenza psichiatrica. Eppure, e non solo nei manicomi, sono migliaia le persone che hanno dovuto affrontare pratiche che nulla hanno a che fare con la cura, come l’essere legati mani e piedi, per giorni, a un letto» hanno dichiarato Antonio Esposito e Dario Stefano Dell’Aquila a margine dei una delle presentazioni del loro libro.

L’appello per l’intitolazione di una strada ad Antonia Bernardini è stato formalizzato inviando anche una lettera al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, affinché l’amministrazione comunale, particolarmente sensibile alla toponomastica, possa accogliere e sostenere l’iniziativa della cooperativa.

di Luca Leva