img_9210NAPOLI – «Quella donna che crede di essere amata è stata ammazzata». Recita così uno dei versi portati sul palco del teatro Summarte di Somma Vesuviana dall’attrice Rosangela Angri che, insieme alla ballerina Ilaria Punzo, ha dato il suo contributo artistico al convegno “Il rumore del silenzio” promosso dall’associazione EvaProEva, da anni in prima linea nelle campagne informative contro la violenza sulle donne. L’incontro si è svolto il giorno prima della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 2016 ed è stato rivolto principalmente agli studenti delle scuole superiori del territorio. Hanno partecipato Lisa D’Aniello, psicologa, psicoterapeuta, psicodiagnosta e criminologa; Azzurra Viscione, psicologa e psicoterapeuta familiare; Maddalena Molaro, sociologa e Elisa Russo, presidente dell’associazione La Forza delle Donne; Simona Cerbone, assessore all’educazione e alla comunicazione istituzionale.
Padrona di casa la presidente di EvaProEva Cinzia Castaldo: «EvaProEva nasce nel 2013 dall’attenzione di donne per le donne. Da allora il nostro impegno si è caratterizzato attraverso campagne di sensibilizzazione, incontri in piazza e tutta una serie di iniziative per combattere la violenza contro le donne e abbattere il muro di omertà che spesso la contraddistingue. Ho insistito per ringraziare le socie di EvaProEva una per una all’inizio di questo evento e non alla fine, quando l’attenzione è più bassa, proprio per sottolineare il loro impegno quotidiano nell’organizzare eventi e campagne di informazione».
Ad aprire il dibattito è stata Azzurra Viscione, che ha sottolineato in quante forme diverse esista la violenza di genere: «Oltre infatti alla violenza fisica e sessuale, – ha sottolineato – esiste anche quella psicologica, emotiva e verbale, lo stalking e, in alcuni casi, anche il mobbing lavorativo ed economico. Queste forme di violenza possono articolarsi all’interno della coppia, ma anche in altri contesti come sul posto di lavoro, o al primo appuntamento». Un attimo di silenzio in sala è precipitato quando la dottoressa ha chiesto al pubblico: «Quanti di voi controllano i cellulari del proprio compagno o compagna? La gelosia viene ancora vista come una dimostrazione di affetto, mentre spesso è la prima causa di violenza».

«Nel 2015 sono state 128 le vittime di femminicidio in Italia, – ha sottolineato Maddalena Monaro nel suo intervento – e questo dato non tiene conto delle violenze gravi che non hanno portato alla morte, spesso solo per pure fortuna. È da sottolineare anche la condizione degli “orfani secondari” cioè dei bambini che restano senza madre dopo che è stata uccisa. Per loro non esistono leggi e tutele particolari, per lo più vengono affidati ai parenti, ma spesso finiscono in istituti per minori».
«Gli stereotipi più comuni – ha spiegato Luisa D’Aniello – vedono chi commette violenza come affetto da seri problemi psichiatrici, proveniente da ceti sociali bassi o sotto l’effetto di stupefacenti. In realtà non è affatto così: si tratta spesso di persone comuni, spesso affermate nel lavoro, che però non sono in grado di gestire le emozioni negative e si caratterizzano da forte insicurezza, che sfocia in ipercontrollo sulle proprie compagne».


Ha impressionato la platea anche la simulazione di Elisa Russo, insegnante di difesa personale, che spesso «può salvare la vita a molte donne» e la sua testimonianza di chi sia oggi Carla Caiazzo, vittima di violenza, diventata un simbolo per il suo impegno di sensibilizzazione: «Carla non vuole essere ripresa o fotografata in volto perché non si riconosce più. Il suo aguzzino insieme al viso le ha portato via l’identità, la gioia di poter tenere in braccio sua figlia e tanta parte del suo essere donna. Ma nonostante tutto questo continua a combattere per se stessa e tutte le altre donne, vittime accertate o potenziali di atti di violenza».

di Daniele De Somma

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