ROMA – «Il lungo lavoro di questi anni con la comunità si è rivelato di fondamentale importanza e ha evitato la perdita di vite umaneA livello di mitigazione del rischio, registriamo un altro successo: a Tabarre, dove la Riviére Grise è esondata in più punti, ha retto l’argine che abbiamo costruito». A dirlo è Morena Zucchelli, capo missione di COOPI ad Haiti e responsabile delle azioni di aiuto per le popolazioni colpite dall’uragano Matthew, qualche giorno fa è stata celebra la Giornata Internazionale per la Riduzione del Rischio dei Disastri Naturali, iniziativa promossa dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di ridurre i rischi di disastri naturali e diffondere conoscenze e consapevolezza sull’importanza delle pratiche di prevenzione e mitigazione, la dichiarazione ha ancora più valore. All’iniziativa ha aderito anche Agire, col dossier  “Emergenze e Prevenzione: prospettive di resilienza” che disegna in numeri lo scenario dei disastri naturali del 2015 e lo stato dell’arte della prevenzione, purtroppo ancora insufficiente in quasi tutti i paesi più a rischio.
IL 2015, DISASTRI IN NUMERI. Nel corso dello scorso anno si sono registrate 346 catastrofi naturali che hanno colpito oltre 98 milioni di persone, causando 22.773 morti e danni per un ammontare complessivo di 66,5 miliardi di dollari. Le vittime sono in netto aumento rispetto al bilancio del 2014 (6.434 morti). L’evento più devastante del 2015 è stato il terremoto in Nepal, che in aprile ha provocato 9.046 morti. È stato inoltre uno dei disastri più costosi, con oltre 5 miliardi di dollari di perdite. Anche i dati riportati in Europa segnano valori record: stupisce ad esempio sapere che una violenta ondata di calore che ha investito l’Europa tra luglio-agosto dello scorso anno, ha provocato ben 3.295 morti in FranciaIl 2015 ha infatti un altro preoccupante primato: è l’anno più caldo mai registrato. A livello globale l’Asia è stato ancora una volta il continente più colpito in termini di frequenza (44%), decessi (72%) e persone colpite (60%). Gli Stati Uniti sono però il paese che ha pagato il maggior tributo economico per la risposta alle emergenze. Il 56% dei danni riportati negli Stati Uniti sono stati coperti da assicurazione, cosa che ha permesso una rapida risposta alla popolazione colpita e che difficilmente avviene nei paesi a più basso reddito.
SEMPRE PIÙ POVERI I PIÙ COLPITI. Tra il 1980 e il 2014 850 mila persone hanno perso la vita a causa di disastri naturali, di queste il 62% disponeva di un reddito inferiore ai 3$ al giorno ed apparteneva pertanto alle fasce più povere della popolazione mondiale. Per questo il protocollo internazionale di riferimento per la prevenzione e riduzione del rischio –  il Sendai Framework – si pone come obiettivo l’abbassamento del numero di decessi di 100.000 unità nel periodo 2015/2030, promuovendo pratiche di prevenzione e mitigazione in tutto il mondo.
HAITI E LA PREVENZIONE. Secondo il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per Haiti, Mourad Wahba, “ll lavoro impressionante delle autorità, delle ONG e delle comunità haitiane in materia di prevenzione ha salvato tante vite”. Le pratiche di Disaster Risk Reduction (DRR) sono prioritarie per le ONG del network di AGIRE nelle aree ad alto rischio terremoti, alluvioni e frane. Qui la prevenzione ha un ruolo fondamentale per l’educazione della popolazione civile, i sistemi di early warning e di riabilitazione adottati. “Nel 2010 abbiamo dispiegato tutte le nostre forze per far fronte al post terremoto, inserendo le DRR nei programmi di risposta” – dice Alessandra Fantuzi, coordinatrice di AGIRE. “Da allora le nostre organizzazioni non hanno mai smesso di lavorare nel paese. Gli operatori delle ONG di AGIRE, nelle drammatiche ore dell’arrivo dell’uragano, hanno potuto aiutare la popolazione nelle operazioni di evacuazione e stanno ora supportando coloro che più hanno risentito del passaggio di Matthew fornendo cibo, acqua potabile e rifugi per chi ha perso la propria casa o non può momentaneamente rientrarci.”
 

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