pizzeriaNAPOLI – Ha aperto i battenti tre anni fa la “Pizzeria dell’impossibile”, una scuola per i giovani detenuti del carcere minorile di Nisida e per i ragazzi a rischio dei quartieri periferici di Napoli. Da allora, Giovanni, Ciro e Nicolò, tre ragazzi del penitenziario, dopo 200 ore di formazione con esperti del settore, hanno imparato ad impastare, condire, cuocere e servire pizze ai senza fissa dimora della città nella “Mensa del Popolo” del centro storico. Un progetto che a breve sarà replicato anche in uno dei carceri più affollati d’Italia, quello di Poggioreale. Ad annunciarlo è stata la Garante campana dei detenuti, Adriana Tocco, durante la presentazione del Report “Diritti umani e dei detenuti” redatto dal gruppo di lavoro sulla situazione carceraria del Forum Nazionale dei Giovani. Il progetto è stato ideato dalla Diocesi di Napoli, in collaborazione con il direttore del carcere di Poggioreale, il ministero della Giustizia ed il Garante dei detenuti, impegnato nel finanziamento della formazione. “Quest’idea – ha spiegato Antonio Mattone, direttore dell’Ufficio del Lavoro della Diocesi di Napoli – nasce circa un anno fa, quando il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, manifestò al cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, la volontà di avviare un progetto per dare opportunità lavorative ai detenuti. L’idea è quella di coinvolgere associazioni di pizzaioli ed imprenditori: vogliamo dare una prospettiva occupazionale a queste persone e non soltanto offrirgli un corso di formazione. Il problema di questi ragazzi è il placement, non basta insegnargli le regole per fare una buona pizza ma occorre trovare il modo di inserirli nel mondo lavorativo subito dopo il carcere”. Grazie al progetto, si darà vita “ad una vera e propria pizzeria – ha aggiunto – che inaugureremo all’interno del carcere. I detenuti, inizialmente, serviranno il mercato interno. Successivamente, abbiamo individuato una struttura esterna al carcere che dovrebbe aprire al pubblico”.

I DATI – Secondo i dati del ministero della Giustizia, la struttura di via Nuova Poggioreale ospita 1905 detenuti, a fronte di una capienza di 1644 posti regolamentari. Solo 18 gli educatori,  rispetto ai 28 previsti per legge. Stesso discorso vale per gli agenti della polizia penitenziaria, 851 a fronte dei 1069 previsti. Dati allarmanti, anche se in netto miglioramento rispetto al passato. Una condizione carceraria che di certo non facilita il reinserimento del detenuto ma anzi produce recidiva. Proprio l’Italia, infatti, detiene, in Europa, il più alto tasso di recidività del reato. A denunciarlo sono stati due giovani campani, Virgilio Falco e Luigi Iorio, componenti del gruppo di lavoro sulla situazione carceraria del Forum Nazionale dei Giovani, che hanno realizzato il report “Diritti umani e dei detenuti”, presentato in anteprima a Napoli. Dall’elaborato, si evidenzia come la percentuale di recidiva tra coloro che usufruiscono di misure alternative durante la pena è del 19% (2 su 10), mentre per i detenuti che scontano la pena in carcere la recidiva sale al 68.45%. E cioè, 7 detenuti su 10, dopo aver scontato la pena in una struttura penitenziaria italiana, commettono nuovamente un reato che li porta alla detenzione.

L’EMERGENZA – “Se, ad oggi, l’Italia – hanno affermato i due componenti del Forum – resta uno dei Paesi a più alto tasso di recidività d’Europa è perché in troppi casi viene meno la finalità rieducativa della pena”. Rimarcando l’importanza del primo articolo della legge sull’ordinamento penitenziario, la 345 del 1975, Iorio e Falco hanno ricordato come la norma affermi “proprio il principio rieducativo della pena che dovrebbe essere individuato in base alle caratteristiche di ogni singolo detenuto. Soltanto un’osservazione scientifica della personalità di ogni carcerato permette di identificare e diversificare i bisogni di ciascun soggetto e connetterli alle loro eventuali carenze psico-fisiche, affettive, educative e sociali. Carenze che, oltre ad essere causa del reato commesso, non permettono ai detenuti di ritornare a una normale vita di relazione dopo il carcere. Il problema? E’ la nostra cultura che tende a sottolineare un potere di supremazia nei confronti del condannato”. Tra i dati più preoccupanti esposti dal Forum nazionale dei Giovani anche il mantenimento delle strutture carcerarie. Alcune, come Poggioreale a Napoli e il Regina Coeli a Roma, sono state realizzate due secoli fa e la manutenzione non è sufficiente. “Eppure  – si sottolinea – ci sono tante nuove carceri inaugurate e mai messe in funzione. Non si comprende il motivo per cui 90 strutture penitenziarie italiane non vengano utilizzate. Si pensi allo spreco di denaro pubblico, abbiamo in mente il caso della provincia di Foggia, in Puglia, dove sono stati realizzati ben sette edifici. Nessuno di questi è mai entrato in funzione”.

di Nadia Cozzolino

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