ROMA – La Corte dei Conti torna ad attaccare il sistema di gestione dell’8 per mille. Poca trasparenza sulle risorse, rischio di discriminazioni tra i soggetti interessati, assenza di controlli sulla gestione dei fondi: queste alcune delle criticità rilevate dalla magistratura contabile nella gestione dell’8xmille, che sollecita approfondimenti sull’attività dell’Agenzia delle entrate e sottolinea che le risorse derivanti dall’opzione a favore dello Stato – “nata come alternativa alla scelta per le confessioni” – vengono utilizzate per scopi riconducibili agli interessi di quest’ultime.

Il j’accuse della Corte segue un analogo pronunciamento di ottobre 2014, e dà atto del “miglioramento nella divulgazione dei dati da parte delle amministrazioni coinvolte”, ma “constata un ulteriore rallentamento nell’attribuzione delle risorse di competenza statale”. In particolare la relazione della magistratura contabile, “ha rilevato una serie di criticità nella gestione dell’istituto: il meccanismo che permette ai beneficiari di ricevere più dalla quota indistinta destinata ai possibili beneficiari che non dalle precise scelte dei contribuenti; la rilevanza dei contributi, che ha superato ampiamente il miliardo di euro per anno; la scarsa pubblicità dell’ammontare delle risorse erogate ai beneficiari”.

La Corte rileva anche che il meccanismo della ripartizione delle scelte inoptate finisce per agevolare la Chiesa cattolica.

La gestione di questo importante strumento investe anche il terzo settore, le cui modalità di finanziamento sono assicurate dal sistema del 5 per mille: la differenza è che mentre per i finanziamenti alle confessioni religiose le risorse si sono triplicate in pochi anni, quelle del 5 per mille sono fissate ogni anno dal Ministero dell’Economia a seconda dei saldi di bilancio. Eppure si potrebbe pensare che i tempi siano maturi per un riordino totale della materia e per una parificazione tra le donazioni a confessioni religiose, ai soggetti del terzo settore ed ai partiti (finanziati questi dal 2 per mille).

L’indagine eseguita dall’Agenzia delle entrate dopo i solleciti della Corte dei Conti nel 2014, rivela che gli errori compiuti dai Caf sulle circa 4.968 schede vagliate da un piano di controlli ad hoc per la scelta dell’5 e dell’8 per mille, hanno raggiunto il 7%: nell’1,67% dei casi la trasmissione delle scelte non era conforme alla volontà espressa dai contribuenti; nel 5,35% dei casi, invece, l’Agenzia delle entrate ha registrato la mancata conservazione delle schede. Complessivamente il 65% delle dichiarazioni erronee sono state a favore della Chiesa cattolica.

di Danila Navarra

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