cooperazione_int_FOGGIA – Più di settanta organizzazioni di ispirazione cristiana che, con oltre 400 volontari, sono impegnate in 85 Paesi del Sud del Mondo. Con un unico obiettivo: favorire lo sviluppo economico e sociale delle comunità locali in cui operano e, allo stesso tempo, contrastare le forme di povertà e di esclusione. E questo, anche grazie all’esperienza dei cosiddetti Laboratori di Fraternità, che promuovono forme di collaborazione tra Nord e Sud del Mondo al fine di realizzare percorsi di autonomia e di partecipazione delle popolazioni coinvolte. Il tutto, anche se «gli investimenti finanziari sono inferiori rispetto a quelli che erano stati prospettati dall’Italia un anno fa». Gianfranco Cattai dal 2009 ricopre la carica di presidente del Focsvi, la Federazione di Organismi di Volontariato Internazionale che ad oggi conta 661 progetti di sviluppo sparsi per i cinque continenti. E conosce bene la ricetta ideale per valorizzare le potenzialità inespresse dei territori più affamati di opportunità e lavoro.
LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE – Tra le scommesse più ambiziose del Focsvi, e di conseguenza delle organizzazioni associate, le ricadute che la cooperazione internazionale può offrire nei Paesi in cui è chiamata ad intervenire. Crescita sociale, occupazionale ed economica. «Sono l’aspetto più importante del nostro lavoro, perché se nei Paesi in cui operiamo non emergono opportunità di lavoro, di sviluppo economico e sociale, tutto quello che facciamo con gli aiuti viene annullato, annientato» evidenzia Cattai, che presiede anche l’Associazione Ong Italiane. E per far sì che il lavoro dei volontari non vada disperso e che le comunità del paesi più poveri possano trarne dei vantaggi, una delle soluzioni da adottare è quella di «innescare delle relazioni di partenariato, delle relazioni capaci di avviare e creare oasi di sviluppo economico sia nei Paesi in cui operiamo, sia nelle imprese italiane. Perché facendo anche l’interesse delle realtà produttive italiane probabilmente è più facile sostenere questa mobilitazione economica».
MENO INVESTIMENTI – Sviluppo agricolo, formazione professionale, sanità, assistenza umanitaria, diritti umani, sicurezza alimentare, istruzione. Sono tanti i settori di intervento soggetti alle attività delle organizzazioni non governative impegnate nella cooperazione internazionale. E l’idea progettuale nasce sempre da una relazione di partenariato, da un problema individuato, da un’esigenza vissuta in una comunità locale. Una volta ricercata la causa, quindi, si prospettano le soluzioni, gli interventi da adottare. Anche se la Focsvi registra un po’ di amarezza, visto che «lo scorso anno al Forum di Milano sulla Cooperazione Internazionale promosso dal precedente Governo, si era detto che, accanto all’imperativo della solidarietà, serviva un rilancio dell’Italia sull’investimento critico in cooperazione al fine di facilitare le relazioni. Purtroppo – ricorda Cattai – ad un anno di distanza dal Forum va rilevato che non c’è stata tanta concretizzazione su quanto detto. Gli investimenti finanziari, infatti, non sono quelli che il Paese si era proposto di portare avanti e quindi ci sono meno finanziamenti ai progetti». Anche se uno dei problemi maggiori cade «sulle scelte del nostro Paese, sulla capacità di coerenza complessiva del Sistema Italia nelle sue politiche agricole, economiche, sanitarie».
LABORATORI DI FRATERNITÀ – A Foggia per parlare in occasione del convegno “Salute globale, cooperazione immigrazione e viaggi”, promosso dalla ong Solidaunia e dall’Anolf provinciale, Cattai ricorda anche una delle filosofie principali della Federazione. «La Focsvi nei prossimi giorni arriverà a contare 73 associate italiane, associazioni che hanno fino a 40 anni di storia e che sono impegnate in 85 Paesi del Sud del Mondo dove stiamo portando avanti dei Laboratori di Fraternità. Laboratori, perché sono delle iniziative che non terminano quando finiscano i finanziamenti; di fraternità, – conclude Cattai – perché è molto più della solidarietà, in quanto implica la reciprocità, il fatto che i soggetti si riconoscano gli uni negli altri».

di Emiliano Moccia

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