annaritanicolettiFOGGIA – Cinquant’anni al servizio degli ultimi, degli sbandati, dei reclusi. Donne e uomini detenuti nelle carceri di Capitanata. Foggia, San Severo, Lucera. Tre strutture penitenziarie che in mezzo secolo hanno potuto contare anche sul suo aiuto, sul suo mettersi a disposizione della comunità. Perché dal 14 febbraio 1962 Anna Rita Nicoletti svolge attività di volontariato con le perone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Ed ora, da quell’esperienza di incontro e confronto con il mondo dei reclusi e delle recluse, è nata un’idea. Un’idea da condividere con i cittadini, con le istituzioni. «Quella di far conoscere le realtà carcerarie. Di far capire come è cambiato il sistema penitenziario in tutti questi anni, perché molti confondono le pene corporali da affliggere ai detenuti con la funzione sociale e riabilitativa che il carcere dovrebbe avere» spiega Anna Rita Nicoletti, 73 anni, e presidentessa dell’associazione di volontariato “Genoveffa De Troia”.
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LA MOSTRA – Per questo, dal 21 al 27 ottobre, presso la Sala Multimediale della Provincia di Foggia, è allestita la mostra foto-documentaria su “La storia delle Carceri in Capitanata. Dalle punizioni corporali al sovraffollamento odierno”, un’iniziativa promossa dall’associazione in collaborazione con l’Ente provinciale e il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria presso il Ministero dell’Interno. Foto, documenti, ritagli di giornale, testimonianze che raccontano le realtà penitenziarie del foggiano e l’evolversi del concetto stesso di galera. «Nel 1801 il carcere era inteso come luogo in cui effettuare le punizioni corporali nei confronti di chi commetteva un reato. I corpi dei condannati – racconta Nicoletti – venivano fatti a pezzi dal boia e inviati ai familiari sotto la pretesa di denari. Oggi, ovviamente, le cose sono cambiate ed i detenuti vengono avviati perso percorsi di riabilitazione sociale». Anche se in verità, «questo accadeva più facilmente fino a poco tempo fa, prima del sovraffollamento, quando gli istituti di pena avevano ancora una funzione educativa. E’ chiaro che anche adesso ci sono psicologi, educatori, volontari, ma è più difficile lavorare sulla persona, sul suo concreto reinserimento sociale».
IL SAN VALENTINO DEL ’62 – Ed in cinquant’anni di servizio a contatto con i reclusi, Anna Rita Nicoletti ha messo da parte fotografie, storie, articoli di giornale. E soprattutto i ricordi. Come il suo primo giorno fra le mura del carcere di Sant’Eligio che a quei tempi accoglieva detenuti uomini e donne. «Il 14 febbraio del 1962 padre Angelico da Sarno decise di celebrare i suoi 50 anni di sacerdozio nel carcere di Sant’Eligio dove svolgeva l’attività di cappellano. In quell’occasione – rievoca Nicoletti – decise di portare con sé anche un gruppo di volontarie e tra queste c’ero anche io». E mezzo secolo dopo quel San Valentino particolare, la presidentessa dell’associazione “Genoveffa de Troia” è ancora coinvolta nelle attività di accoglienza e di sostegno di quanti scontano le pene in cella o beneficiano delle misure alternative fuori delle mura penitenziarie. E vive la sua esperienza di volontariato come una missione da diffondere anche alle nuove generazioni. Di qui, l’allestimento della mostra foto-documentaria liberamente visitabile tra le ore 10 e le 12.30 della mattina e tra le 17 e le 19.30 del pomeriggio.

di Emiliano Moccia

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