BERLINO – Il diritto a un posto in asilo per ogni bambino che vive in Germania. Parte domani, 1° agosto, non senza incertezze e guerre di cifre, una delle più importanti riforme sociali del governo Merkel. Tanto più discussa perché alla stessa data, il governo la integra con un altro, controverso, progetto. Ispirato, stavolta, ai principi del welfare conservatore: il cosiddetto Betreungsgeld , ossia l’assegno mensile per chi, invece dell’asilo, i bambini sceglie di educarli a casa.
STORIA DELLA RIFORMA – Era il 2008, quando il sindacato IG Metal per primo lanciò l’idea del «diritto a un posto in asilo». Mirava ad affrontare un problema strategico dell’industria tedesca: le poche donne che lavorano, soprattutto dopo il primo figlio. Se è vero che il 68% delle donne hanno un’occupazione, il 45% di queste però sceglie il part-time: la più alta percentuale in Europa dopo l’Olanda. E poi c’è l’altra statistica che angoscia i tedeschi: la bassa natalità, 1,37% figli per donna, che scatena l’invidia per Paesi come la Francia, con i suoi 1,9 figli per donna e l’apparente facilità, e felicità, nel conciliare famiglia e carriera. La Germania, insomma, doveva cambiare. Il progetto porta la firma di Christina Schröder, 35 anni e madre di un bambino. Lei assicura che tutto è pronto: 778.000 posti a soddisfare le richieste. In realtà, in Germania i bambini tra 1 o 3 anni sono 2,1 milioni, ma di questi nel 2012 solo 558mila sono stati affidati a un nido. Si calcola che l’aggiunta di 200mila posti basterà, poiché molti preferiscono accudire i più piccoli da sé o affidarli ai nonni.
IL NORD EUROPA FA SCUOLA –Certo, siamo lontani dal Nord Europa. In Danimarca, per esempio, va al nido il 73% dei bambini, e il diritto all’asilo è da un decennio assorbito nelle legislazioni dei Paesi scandinavi. Meglio l’Inghilterra, meglio perfino Paesi mediterranei più sperimentatori nel sociale come la Spagna (39%). Né la Germania può sognare i risultati della Danimarca, dove un mix di offerta per l’infanzia e flexibility occupazionale per i genitori fa tornare al lavoro l’83% delle donne dopo il parto. Ma almeno la soglia di posti-nido per il 33% dei bambini, fissata dal trattato di Lisbona, in Germania è stata raggiunta.
IL GENITORE FA CAUSA – Come funzionerà concretamente il piano? Cosa succede se il bimbo, detentore del suo nuovo diritto sociale, non trovasse posto al nido? La legge prevede che i genitori possano fare causa al comune: questo poi dovrà provvedere a una sistemazione, tra pubblico e privato, entro tre mesi. Oppure il genitore, costretto a restare a casa con il figlio, sarà risarcito. Ed è proprio su questo punto che nei prossimi mesi si prevedono una serie di battaglie legali, e di questioni etiche che i giudici dovranno dirimere: un disoccupato ha diritto a un indennizzo minore di un/a manager che, causa asili pieni, non può tornare alla scrivania? Il governo federale ha investito pesantemente: 5,4 miliardi per nuove strutture, molto hanno speso comuni e Land. Eppure, al via, c’è una mappa della Germania a chiazze: a Berlino avanzano 4.100 posti, a Francoforte ne mancano 4.000.
L’ASSEGNO PER L’ACCUDIMENTO – Per la ministra Schröder sarà comunque una settimana di fuoco. L’altro pilastro della sua riforma, il Betreuungsgeld , l’assegno mensile per l’accudimento da casa, sembra procedere meno spedito. Un piano che ha scatenato vere battaglie ideologiche. Voluto dalla Cdu, il partito-Stato della cattolica Baviera, è stato denunciato dai detrattori come un assegno in bianco a suoi elettori, il ritorno all’ideologia della tre K – Kinder, Kirche, Küche – che vuole la donna impegnata ai fornelli, in chiesa o con i bimbi. Ebbene, finora per questo programma – per il quale la Schröder ha in cassa 2 miliardi – si sono fatte avanti poche migliaia di famiglie: 1200 nel Baden-Württemberg, 500 in Baviera, 41 a Berlino. Sarà un fallimento o il trend evolverà? «La Germania è cambiata – dice Vita Petra Nölkel, vicepresidente dell’Unione delle famiglie – Nessuno più dice, come capitava a me, donna snaturata perché lavoravo». Per i modelli d’innovazione forse meglio guardare alla Danimarca. Ma la Germania – sì, anche sui temi femminili – da tempo non è più immobile.

 di Mara Gergolet (corriere.it)

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