INGHILTERRA- Uccisi da una coperta velenosa, una sostanza grassa e appiccicaticcia che ha impedito loro di volare via dall’inquinamento mortale del mare. Centinaia di uccelli marini, gabbiani ma anche gazze marine, urie comuni, cormorani e pulcinella di mare, sono stati recentemente trovati morti lungo le coste meridionali inglesi.
POCHI VIVI – Secondo il Devon Wildlife Trust la proporzione di uccelli morti tra quelli trascinati a riva dalle onde è drasticamente aumentata negli ultimi giorni. L’ecatombe è talmente copiosa che gli operatori impegnati nell’emergenza si sono stupiti lunedì 15 aprile quando hanno ricevuto in custodia qualche esemplare vivo: «Ci aspettavamo oramai di trovare solo uccelli morti», ha dichiarato al Guardian Cat Andrews, del Centro marino di Wembury. «Qualcuno lunedì ci ha portato un’uria viva. È angosciante vedere una creatura viva in uno stato così terribile, specialmente perché non abbiamo la possibilità di alleviare la sua sofferenza».
PULIZIA – E così, si prova ad aiutarli come si può: lo staff di un centro a Tauton della Rspb, un’orgazzazione non governativa che si occupa delle protezione di uccelli e ambiente, ha prima inutilmente adoperato acqua e sapone per cercare di ripulire i superstiti, e ha ottenuto poi qualche risultato in più usando la margarina.
FUORIUSCITE MISTERIOSE – La sostanza vischiosa che ha ucciso gli uccelli non è ancora stata identificata formalmente. Sembra che si tratti dello stesso tipo di sostanza chimica che aveva colpito all’inizio di febbraio, quando oltre 300 uccelli erano stati trovati in gran parte morti lungo tutta la costa sud della Gran Bretagna, dal Sussex alla Cornovaglia. Secondo gli esperti dell’Università di Plymouth, molto probabilmente è poliisobutilene, un polimero usato come additivo del petrolio, noto come PIB. La Guardia Costiera – che non è ancora riuscita a identificare da dove proviene la sostanza – aveva dichiarato al tempo della prima ecatombe che si trattava di una «sostanza chimica piuttosto comune» che viene trasportata sulle navi.
LA LEGGE E LA PRECAUZIONE – La Rspb ha intanto deciso di sollevare con il governo britannico la questione degli scarichi a mare di PIB. Secondo la Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi, nota anche come Marpol, alcune forme di PIB possono essere scaricate a mare a certe condizioni durante le consuete operazioni di pulizia delle cisterne. Rspb punta a far riclassificare la PIB dall’Organizzazione marittima internazionale e proibirne così lo scarico a mare, secondo il principio di precauzione, dato che non si conoscono davvero i suoi effetti sugli ecosistemi marini. E una petizione per cambiare le leggi è stata lanciata anche su Avaaz, il più grande portale di raccolta di firme online gestito dall’omonima organizzazione non governativa: in poche ore sono state raccolte quasi mille firme.
Carola Traverso Saibante

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