HAITI. Ricorre oggi il terzo anniversario del terremoto che ha distrutto Haiti causando la morte di più di 200mila persone e ferendone 300mila. Il sisma colpì il cuore del paese, l’epicentro era situato a 15 chilometri dalla capitale, annichilendo la parte bassa di Port-au-Prince. Anche il palazzo presidenziale cedette alle scosse. Il Presidente si rese conto subito della gravità della situazione: «È una catastrofe, il Paese è distrutto», affermò poco dopo il terremoto. La situazione era disperata, c’erano 3milioni di persone che necessitavano di beni primari: acqua, cibo, un luogo dove alloggiare; anche molti ospedali crollarono, intorno alla capitale solo un ospedale era rimasto in piedi e da solo non poteva accogliere tutti i feriti. Haiti, già prima che la terra tremasse, era uno dei Paesi più poveri del mondo: la tragedia finì per metterlo in ginocchio.
L’ALLARME DELLE ONLUS. Tre anni dopo il sisma la Fondazione Francesca Rava- NPH Italia Onlus, che rappresenta in Italia l’organizzazione umanitaria Nuestros Pequenos Hermanos, ricorda le vittime sulla collina dove sono sepolti migliaia di corpi senza nome. L’associazione ha lanciato un appello per aiutare i migliaia di bambini che hanno bisogno di cibo, cure mediche, un tetto e un istruzione. Oggi la situazione è ancora critica e ad affermarlo sono in molti. In un comunicato, Amnesty denuncia che le condizioni di vita sono pessime: secondo le stime dell’organizzazione umanitaria 350.000 persone vivono nei 496 campi distribuiti su tutto il Paese. Si tratta di tendopoli, quindi luoghi in cui alloggiare a breve termine, per questo più passa il tempo e più le condizioni igienico-sanitarie peggiorano: gli accampamenti allestiti non hanno un sistema idrico che permetta a tutti di usufruire del fabbisogno di acqua, né dei servizi igienici e un sistema di smaltimento rifiuti adeguati. Questi tre fattori rappresentano le cause principali di una malattia che non si riesce a debellare: il colera che, secondo le stime della Fondazione Francesca Rava- NPH Italia Onlus, ha causato la morte di più di 7mila persone. Nelle tendopoli, inoltre, Amnesty ha riscontrato che le donne e le ragazze sono oggetto di violenze a causa della mancanza di sorveglianza. Alcune tendopoli, in cui risiedono circa 80mila sfollati, rischiano anche di essere smantellate poiché allestite su suolo privato: già dopo il terremoto 60mila persone furono sfollate per le stesse ragioni. Il governo haitiano, nell’agosto 2011, ha stanziato alcuni fondi per fare in modo che i “residenti” di 50 tendopoli si trasferissero in alcuni centri residenziali stanziando 500 dollari a famiglia per 12 mesi. Nel comunicato di Amnesty si legge che le famiglie che hanno beneficiato dei fondi, non appena termineranno di percepire gli incentivi, probabilmente non saranno in grado di pagare l’affitto: già oggi per loro è difficile provvedere ai bisogni primari, quali cibo cure mediche e abbigliamento.

di Norma Gaetani

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